Audizione Commissione Riunite AffariCostituzionali  - Antonio FOCCILLO
Licenziamento disciplinare nella PA. Valutazioni e proposte di emendamento della Uil.
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16/05/2016  Pubblico_Impiego.  

 

 

Audizione Commissione Riunite Affari Costituzionali, Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati

 

Roma 16 maggio 2016

 

Valutazioni e proposte di emendamento della Uil sullo schema di decreto legislativo sul licenziamento disciplinare nella Pubblica Amministrazione

Illustrate da Antonio Foccillo, Segretario Confederale Uil

 

 

 

 

In linea di principio, la UIL ritiene che le normative che vanno a colpire un reato non siano contestabili, ovviamente, quando sono in armonia con le disposizioni del nostro ordinamento giuridico.

Lo schema di provvedimento in esame, attuativo dei criteri di delega di cui all’art. 17, c. 1, lett. s), della legge n.124/2015, innovativo delle disposizioni in materia di responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici prevede, tra l’altro, l’introduzione della sospensione cautelare senza stipendio del dipendente pubblico nei casi di falsa

attestazione della presenza in servizio, con modalità fraudolenta; l’introduzione di un procedimento disciplinare “accelerato” e l’estensione della responsabilità disciplinare del dirigente con l’irrogazione della sanzione del licenziamento, nonché di responsabilità penale, nei casi in cui lo stesso ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare ovvero l’attivazione del procedimento disciplinare.  

 

Al riguardo, preliminarmente, non può non farsi presente che le disposizioni dello schema di provvedimento troverebbero maggiore coordinamento e omogeneità con l’ordinamento vigente se collocate all’articolo 55-bis, che disciplina forme e termini del procedimento disciplinare, nonchè procedure differenziate a seconda della gravità delle infrazioni; piuttosto che all’articolo 55-quater, relativo alle sanzioni disciplinari da applicarsi in taluni casi ivi enucleati.

 

Tale aspetto più ingenerare alcune criticità. Il comma 3-bis, come introdotto all’articolo 55-quater, ad esempio, prevede che la sospensione cautelare è disposta dal responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente. Sul punto, non appare chiaro se il responsabile della struttura abbia qualifica dirigenziale o meno.

 

Infatti, nel caso in cui il titolare della struttura fosse privo di qualifica dirigenziale non avrebbe competenza, per effetto delle disposizioni di cui agli articoli 4, c. 1, lett. d) e c.2, e 17, c.1, lett. e) del Dlgs 165/2001 in materia di dirigenza, ad applicare una misura così afflittiva quale quella della immediata sospensione cautelare senza retribuzione. Tanto più per il fatto che essa impatta su diritti inviolabili della persona poiché la misura cautelare incide su beni di rilevanza Costituzionale, che comunque precede il vero e proprio procedimento disciplinare.

 

Tale aspetto è reso più evidente alla luce di quanto disposto dal citato art. 55-bis, comma 3, in base al quale, in presenza di infrazioni gravi, il responsabile della struttura, anche se dirigente, ha l’obbligo di trasmettere gli atti entro cinque giorni dalla notizia del fatto all’ufficio individuato, ai sensi del successivo comma 4, per i procedimenti disciplinari, dandone comunicazione all’interessato.

 

Ciò premesso, in ordine allo schema di decreto in titolo si rappresenta quanto segue: 

 

-il comma 1-bis, come introdotto dall’articolo 1, c.1, lett. a) dello schema di decreto, prevede che della violazione risponde anche chi, con la propria condotta omissiva, possa aver agevolato la condotta fraudolenta.

Al riguardo, la disposizione appare avulsa da un equilibrato rapporto di adeguatezza con i due differenti casi (soggetto che pone in essere, intenzionalmente, la modalità fraudolenta e soggetto ad essa estraneo, a meno che non vi sia un concorso con dolo o colpa grave). La rigidità della previsione normativa appare, sotto questo profilo, in contrasto con il principio di gradualità sanzionatoria, teso a salvaguardare il parallelismo tra gravità delle condotte e conseguenze sanzionatorie, e in tal senso violerebbe il canone di razionalità normativa più volte affermato dalla stessa Corte Costituzionale.

La norma, infatti, con un meccanismo presso che automatico, riconnette ad una unica conseguenza comportamenti tra loro eterogenei, prescindendo dallo stato soggettivo del dolo.

 

Non sembra superfluo sottolineare, inoltre, come la previsione normativa impatta in forma differenziata generando conseguentemente per fattispecie analoghe e persino più gravi quali quelle previste dall’art. 55-quater nel testo vigente (si pensi a gravi condotte aggressive nell’ambiente di lavoro o in presenza di condanna penale definitiva in relazione alla quale è prevista l’interdizione dai pubblici uffici) misure più affievolite.

 

Sul punto, pertanto, si ravvisa la necessità di una riformulazione della norma al fine di espungere dal testo le parole: “o omissiva”;

 

- il comma 3-bis, come introdotto dall’articolo 1, c.1, lett. b) dello schema di decreto, prevede che la “falsa attestazione della presenza in servizio determina l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato.”

 

Al riguardo, fermo quanto già evidenziato in ordine alla competenza del soggetto che dispone il provvedimento di sospensione, si evidenzia come l’irrogazione senza indugio della predetta misura cautelare, in assenza di qualsivoglia comunicazione all’interessato, prevista dalle disposizioni di cui al DPR 3/1957 per il medesimo istituto, che anticipa l’avvio del procedimento disciplinare e la trasmissione degli atti all’ufficio individuato ai sensi dell’art. 55-bis, comma 4, violerebbe il canone di razionalità normativa e comprimerebbe in modo sproporzionato le garanzie poste a presidio della difesa.

 

La norma, sul punto, andrebbe riformulata specificando che il responsabile della struttura presso cui il dipendente lavora e che dispone il provvedimento cautelare debba essere di qualifica dirigenziale; che sia data comunicazione all’interessato del provvedimento di sospensione cautelare e che, infine, sia assicurata comunque, in presenza della privazione della retribuzione, la corresponsione di una indennità di natura assistenziale, in misura pari al 50 per cento della retribuzione fissa in godimento nonché degli assegni del nucleo familiare ove spettanti, come peraltro evidenziato dallo stesso Consiglio di Stato.  

 

Quanto al comma 3-ter, che introduce il procedimento disciplinare cd. ‘accelerato’ in relazione alla falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, da concludersi entro 30 giorni innanzi all’ufficio per i procedimenti disciplinari, non sembra superfluo evidenziare che il principio del giusto procedimento è stato più volte esteso dalla stessa Corte Costituzionale ai procedimenti amministrativi a carattere contenzioso, e quindi a presidio di una garanzia sostanziale tesa alla salvaguardia dei diritti inviolabili della persona.

 

Sul punto soccorre, peraltro, il rispetto agli obblighi derivanti dall’ordinamento Comunitario, con il richiamo all’articolo 6 della CEDU, in base al quale vanno garantiti all’interessato alcuni essenziali strumenti di difesa, tra i quali la conoscenza degli atti che lo riguardano e la facoltà di contestarne il fondamento e di difendersi dagli addebiti.

Non appare altresì superfluo richiamare le disposizioni dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali UE, in base al quale il diritto alla buona amministrazione ricomprende anche il diritto di ogni individuo di potersi difendere, di essere sentito prima che nei suoi confronti siano adottati provvedimenti che gli rechino pregiudizio.

E’ evidente, pertanto, che, previa contestazione dell’addebito, debba essere assicurato, al pari di quanto avviene nel procedimento disciplinare ordinario di cui all’art. 55-bis del Dlgs 165/2001,  il diritto al contraddittorio a difesa dell’interessato, affinché sia garantito il nucleo essenziale dei valori inerenti i diritti inviolabili della persona, quando da essa possano derivare sanzioni che incidono direttamente su beni di rilevanza Costituzionale, quali il mantenimento del rapporto di servizio, comportando un difetto di ragionevolezza della previsione normativa.

Sul punto si ritiene necessaria una riformulazione della norma finalizzata a garantire un procedimento disciplinare con adeguate garanzie in ordine al rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa.

 

 

Il comma 3-quater, secondo, terzo e quarto periodo, introduce l’azione di responsabilità per danni all’immagine della P.A., nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare, nei casi previsti dal precedente comma 3-bis (falsa attestazione di presenza in servizio), previsione peraltro già contenuta nell’art. 55-quinquies del Dlgs 165/2001. L’ammontare del danno è rimesso alla valutazione equitativa del giudice. La norma, tuttavia, prevede un limite minimo all’ammontare del risarcimento, precludendo in senso limitativo le autonome valutazioni del giudice.

Sul punto, le previsioni in esame, riconducibili a norme in materia di responsabilità erariale, eccedono i principi e i criteri direttivi di delega che attengono invece alla materia della responsabilità e al procedimento disciplinare. Per tali ragioni si richiede la soppressione delle citate disposizioni.

 

Ilcomma 3-quinquies, come introdotto dall’articolo 1, c.1, lett. b) dello schema di decreto, dispone l’aggravamento della responsabilità disciplinare e penale dei dirigenti o dei responsabili del servizio competente presso cui svolge servizio il dipendente che commette l’illecito della falsa attestazione della presenza accertata in flagranza, ovvero mediante strumenti di sorveglianza.

 

Al riguardo, si evidenzia che l’articolo 55-sexies, comma 3, del Dlgs 165/2001 già prevede l’applicazione di sanzioni disciplinari (sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione perseguita, fino ad un massimo di tre mesi, e la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a sei mesi) per i dirigenti responsabili del mancato esercizio, per omissione o ritardo, dell’azione disciplinare.

Anche in questo caso, l’estrema rigidità della disposizione contrasterebbe con il canone della gradualità sanzionatoria, teso a salvaguardare il parallelismo tra gravità delle condotte e conseguenze sanzionatorie,

 

In proposito, persino le più recenti disposizioni della cd. legge Severino (L.90/2012) in ordine alla prevenzione, la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione prevedono che la mancata vigilanza o l’omesso controllo sul piano disciplinare per violazione da parte dei dipendenti dell’amministrazione delle misure di prevenzione, costituiscono per il dirigente responsabile illecito disciplinare, privo tuttavia della sanzione afflittiva del licenziamento. In tal caso, infatti, è irrogata la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.

 

In ogni caso, le disposizioni in esame, che prefigurano la sanzione del licenziamento disciplinare per i dirigenti e i responsabili dei servizi competenti in caso di omessa comunicazione all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari o di omessa attivazione della sospensione cautelare, nonché l’introduzione di una nuova fattispecie di reato, aggiuntiva a quella dell’art. 328 del cod. penale, non appaiono in linea con i principi e i criteri di delega di cui all’art. 17, c. 1, lett. s) della legge 124/2015 e, conseguentemente, se ne richiede la soppressione.

 

 

Sulla base di quanto rappresentato si propongono i seguenti emendamenti:

 

emendamento 1

Art. 1

 

Al comma 1, lett. b), sostituire il capoverso “3-bis” con il seguente:

 

“3-bis. La falsa attestazione della presenza in servizio, di cui al comma 1-bis, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, può determinare la sospensione cautelare dal servizio del dipendente con privazione della retribuzione. Al dipendente sospeso è corrisposta una indennità, di natura assistenziale, in misura pari al cinquanta per cento della retribuzione fissa mensile e degli assegni del nucleo familiare ove spettanti. La sospensione è disposta dal responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora o, ove ne venga a conoscenza per primo, dall’ufficio individuato ai sensi dell’articolo 55-bis, comma 4, con provvedimento motivato, comunicato al dipendente, e comunque entro quarantotto ore dal momento in cui i suddetti soggetti ne sono venuti a conoscenza. La violazione di tale termine non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente ove imputabile.”

 

Relazione illustrativa

L’emendamento in esame è volto a ricondurre l’applicazione della misura cautelare nella piena configurazione dell’istituto, in relazione al canone di ragionevolezza dell’impianto normativo proposto, svincolandola dalla rigidità del meccanismo semi-automatico, ove la sua obbligatorietà è prevista allorché il dipendente è colpito da misure restrittive della libertà personale, ovvero sottoposto a procedimento penale o quando lo stesso è rinviato a giudizio per fatti particolarmente gravi. Al fine di non comprimere in modo sproporzionato i diritti essenziali della persona la disposizione prevede, inoltre, fermo restando la sospensione cautelare dal servizio del dipendente e la privazione della retribuzione in caso di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza o mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, la corresponsione di una indennità, avente natura assistenziale, pari alla metà della retribuzione, nonché degli assegni del nucleo familiare, ove spettanti. 

 

 

 

 

 

emendamento 2

Art. 1

 

Al comma 1, lett. b), capoverso “3-ter”, apportare le seguenti modificazioni:

 

a)  al primo periodo, dopo le parole: “del procedimento disciplinare” aggiungere le seguenti: “, dandone contestuale comunicazione all’interessato”;

b) dopo il secondo periodo aggiungere, in fine, i seguenti:  “Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni; istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel periodo precedente. La decorrenza del termine per la conclusione del procedimento è fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione. Il termine dei trenta giorni per la conclusione del procedimento disciplinare è sospeso per il periodo necessario per le comunicazioni relative alla contestazione dell’addebito al dipendente”.

 

 

Relazione illustrativa

L’emendamento è teso a garantire che all’atto della trasmissione degli atti all’ufficio individuato per i procedimenti disciplinari, di cui all’art. 55-bis, comma 4, del Dlgs 165 del 2001 sia data contestuale comunicazione al lavoratore interessato, come previsto nel procedimento ordinario di cui al comma 3 del medesimo articolo.

In analogia a quanto stabilito per gli ordinari procedimenti disciplinari di cui al citato art. 55-bis, anche per il procedimento disciplinare accelerato, di cui all’art. 55-quater, comma 3-ter, come introdotto dall’art. 1 dello schema di decreto legislativo in esame, nel rispetto del principio del contraddittorio con interessato e del diritto di difesa, sono previste specifiche disposizioni atte ad assicurarne l’applicazione

 

 

emendamento 3

 

Art. 1

Al comma 1, lett. b), capoverso “3-quater”, sopprimere il secondo, terzo e quarto periodo.

 

 

Relazione illustrativa

Il comma 3-quater, nei casi di cui al comma 3-bis, come introdotto dal medesimo articolo 1 dello schema di decreto in esame, prevede  la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti, entro quindici giorni dall'avvio del procedimento disciplinare.

La norma prevede, altresì, l’introduzione dell’azione di responsabilità per danni all’immagine della P.A; previsione peraltro già vigente in via generale ai sensi dell’art. 55-quinquies, c. 2, del Dlgs 165/2001.  L'ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice, anche in relazione alla rilevanza del fatto e, comunque, non può essere inferiore a sei mensilità dell'ultimo stipendio in godimento.

Al riguardo, si evidenzia che tale materia, che riguarda la responsabilità erariale non appare in linea, né appare riconducibile ai criteri direttivi di delega al Governo, di cui all’art. 17, c. 1, lett. s) della legge 124/2015, ed in particolare  alle norme in materia di  responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici. Inoltre, la predeterminazione del limite minimo del risarcimento, fissato in sei mensilità dell'ultimo stipendio, limita la discrezionalità riconosciuta al giudice in sede di valutazione equitativa.

Conseguentemente, l’emendamento è finalizzato alla soppressione delle norme in esame.

 

 

 

emendamento 4

 

Art. 1

Al comma 1, lett. b), capoverso “3-quinquies”, apportare le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole: “provvedimento di sospensione cautelare” aggiungere le seguenti: “senza giustificato motivo”;

b) sostituire le parole da: “fattispecie” sino alla fine del comma, con le seguenti: “illecito disciplinare.”

 

Relazione illustrativa

Il comma 3-quinquies prevede che, nei casi in cui i dirigenti ovvero i responsabili dei servizi competenti omettano la comunicazione all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari, l'adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l'attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia falsamente attestato la propria presenza in servizio, si configura illecito disciplinare, punibile con il licenziamento, nonché fattispecie di reato, di cui all'art. 328 del codice penale.

Al riguardo, le disposizioni costituiscono un aggravamento irragionevole della responsabilità disciplinare dei dirigenti, atteso che l’articolo 55-sexies, comma 3, del Dlgs 165/2001 già dispone in merito al mancato esercizio o decadenza dell’azione disciplinare, dovuti a omissione o ritardo.

Inoltre, la previsione sulla responsabilità penale dei dirigenti o dei responsabili dei servizi competenti, in relazione alla fattispecie del reato di omissioni di atti d’ufficio, di cui all’art. 328 del cod. penale, oltre a configurare una nuova norma penale, eccede i criteri di delega di cui all’art. 17, c. 1, lett. s) della legge 124/2015, che riguardano invece specificatamente norme in materia di responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici.

La proposta emendativa, pertanto, è finalizzata ad espungere dal testo ogni riferimento alla sanzione disciplinare del licenziamento nonchè alla responsabilità penale dei dirigenti e dei responsabili dei servizi competenti.