Sono d’accordo con il Presidente di Confindustria: la Germania è un esempio da seguire. Lì, infatti, i metalmeccanici tedeschi hanno firmato un rinnovo contrattuale con un incremento salariale del 4,8%. Qui da noi, invece, la Federmeccanica vorrebbe dare aumenti solo al 5% dei lavoratori. Così facendo, se non si restituisce potere d’acquisto ai nostri lavoratori, mancheranno le risorse per acquistare bene e servizi prodotti per il mercato interno dalle stesse aziende che aderiscono a Confindustria.
Peraltro, la contrattazione di secondo livello interessa solo una minima parte dei lavoratori, diminuita nel tempo anche a causa di scelte contraddittorie sulla detassazione, mentre quella nazionale resta l’unica leva su cui agire per garantire a tutti una base salariale. Noi, comunque, siamo pronti ad accettare la sfida della produttività, consapevoli che questa non si traduce in sfruttamento, ma in un’innovazione di processo e di prodotto, oltreché in una modernizzazione di sistema.
Proviamo anche a confrontarci avendo come riferimento la logica e gli esempi della cosiddetta “fabbrica bella”, che si basa sul benessere lavorativo e dei lavoratori e che, in alcune realtà, ha generato incrementi della produttività tra il 25% e il 45%. Su questi terreni, il confronto non potrà che essere positivo e proficuo.
Roma, 27 maggio 2016