Le buone pratiche - integrazione
dei sistemi di sicurezza
Tutti gli imprenditori che ancora non associano le sigle numeriche “626” (più famosa) e “81” (un po’ meno utilizzata) quali sinonimi di “balzelli e di perdite di tempo”, ma hanno capito che “fare sicurezza” è invece sinonimo di “economicità e socialità del lavoro”, sanno che una politica di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro per essere veramente efficace non può che avvenire, in supporto delle previsioni normative, anche attraverso l’adozione di buone pratiche e tecniche (BP&T).
Le BP&T possono definirsi come procedure, soluzioni, servizi e processi che riescono ad imprimere un reale miglioramento nella gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in termini di efficacia, efficienza e sostenibilità.
Una buona pratica, per essere tale, deve riportare le esperienze, nel tempo sviluppate all’interno di un posto di lavoro o di una organizzazione, risultate efficaci per ridurre i rischi per la salute dei lavoratori.
Queste pratiche sono oggi normalmente utilizzate dai datori di lavoro virtuosi nel campo SSA, soprattutto per indicare ed “organizzare” i comportamenti prestazionali richiesti a tutti i soggetti aziendali: responsabili, progettisti, coordinatori, manutentori, tecnici, esecutori, venditori (e altro) al fine di armonizzare il sistema di sicurezza aziendale basandolo su riferimenti certi e comuni.
La molteplicità delle esperienze diventa, quindi, un valore aggiunto quando consente la messa in comune di modalità di approccio ai problemi e l’elaborazione e gestione di metodiche al fine di individuare soluzioni nel contesto della protezione e prevenzione dei rischi lavorativi.
La trasferibilità dell’esperienza diviene, così, misura dell’efficacia dell’esperienza stessa. La buona pratica, per essere riconosciuta come tale, deve, quindi, essere individuata, partecipata, verificata, diffusa e resa applicabile anche in altre esperienze, deve diventare il riferimento, la metodologia positiva che deve essere diffusa per diventare patrimonio comune e di tutti.
Anche il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, all’articolo 2 “Definizioni”, comma 1 lettera “v” ha definito compiutamente le “buone prassi” quali: “soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all’articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, previa istruttoria tecnica dell’ISPESL, che provvede a assicurarne la più ampia diffusione”;
In tale contesto, secondo un approccio integrato della sinergia tra i diversi attori istituzionali della sicurezza del lavoro, presente in più punti del decreto stesso, ai fini dello sviluppo di un sistema della prevenzione le Regioni, insieme all’INAIL, all’ISPESL e agli organismi paritetici, sono chiamati a svolgere un ruolo importante nella elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi, perché queste risultino coerenti con le vigenti leggi e rispondano a criteri validi e innovativi da un punto di vista tecnologico.
Si arriva così alla predisposizione di un sistema integrato della prevenzione, fruibile da tutti coloro che sono coinvolti nella gestione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, comprese le imprese di medie e piccole dimensioni, le quali possono fare “tesoro” delle esperienze delle imprese più grandi, in grado di supportare e finanziare esperienze positive che hanno sicuri ritorni di riduzione degli infortuni e malattie professionali, dei relativi costi sociali parallelamente ad una crescita della cultura della sicurezza, le quali non possono che assumere un aspetto di economicità e d’immagine sicuramente appetibile.
L’organizzazione e la circolazione delle buone pratiche, utili a favorire la promozione e la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, ha come suo canale preferenziale il Sistema Informatico Nazionale per la Prevenzione (SINP). In pratica una banca dati accessibile ai soggetti deputati alla gestione della salute e sicurezza all’interno dell’azienda. In tal modo le imprese possono avere una maggiore facilità di applicazione della normativa e delle moderne procedure in tema di buone prassi, oltre che la possibilità di monitorare continuamente la propria politica antinfortunistica, favorendo anche una più ampia e aggiornata diffusione della cultura della sicurezza, insieme ad una maggiore interazione impresa/istituzioni.
Al fine di venire incontro alle esigenze aziendali applicative (ed anche per uscire dalla diffusa convinzione datoriale che nel campo SSA sia sufficiente dimostrare l’applicazione formale delle norme per sentirsi “tranquilli”), la tecnica legislativa utilizzata è quella della “derubricazione” di alcuni obblighi di legge, naturalmente mantenendo in essere quelli fondamentali, a norme di buona prassi, prive di cogenza a cui le aziende aderiscono volontariamente, con l’obiettivo di tenere conto delle innovazioni tecnologiche, organizzative e procedurali in materia di salute e sicurezza, innalzandone gli standard e “snellendo” le tempistiche di aggiornamento in quanto sganciate da norme di legge che necessitano di tempi lunghi per l’applicazione.
Il ruolo primario che ricoprono le buone prassi nell’ambito di un modello prevenzionistico si riscontra anche in altre previsioni normative contenute nel D.Lgs. n. 81/2008.
Difatti all’articolo 168, comma 3, per quanto attiene alla movimentazione manuale dei carichi (MMC), è previsto che qualora le norme tecniche non siano applicabili, si “può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida”.
Il successivo articolo 181, relativo alla valutazione di tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici, prevede che, nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’art. 28, il datore di lavoro debba far riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi al fine di adottare le più opportune misure di prevenzione e protezione.
Ma soprattutto all’articolo 35, comma 1 del decreto, relativo alla riunione periodica, si prevede:
nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Al successivo comma 3 si indica come nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
Ed è in questa sede che al RLS viene data la possibilità di stimolare in modo concreto l’applicazione delle buone pratiche da parte dell’azienda. Come abbiamo visto ciò consente di allineare la tutela prevenzionistica e protettiva su SSA al massimo livello di conoscenza ed efficacia, avendone anche un ritorno economico sia nell’effettiva riduzione infortunistica, sia nell’eventuale riduzione del tasso per l’applicazione dei premi INAIL (vedasi spiegazione a seguire).
Altrettanto importante, specie sul versante delle soluzioni organizzative e procedurali, è il contributo delle parti sociali mediante accordi sindacali migliorativi dei livelli stabiliti per legge, anche attraverso l’ausilio degli organismi paritetici di cui all’art. 51 del D.Lgs. 81/2008. Difatti, i sindacati contribuiscono da tempo, a livello centrale e periferico, all’elaborazione di progetti finalizzati a rafforzare la sicurezza sul lavoro come valore condiviso, a partire proprio dalla diffusione delle buone pratiche avendo come obiettivo quello della “incidentalità zero” o “obiettivo zero infortuni”. Dando così supporto ad un sistema di governo per la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione che agisca su forme di partecipazione sviluppate anche all’interno delle stesse aziende, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, per le quali è possibile la semplificazione degli adempimenti che, proprio perché “semplificati”, sono spesso visti come meramente formali, quindi inefficaci ed inutili.
In questo può entrare il ruolo del RLS, figura “intermedia” tra la “domanda di sicurezza” dei lavoratori e “l’offerta aziendale” per la tutela SSA, al fine di ricercare collaborazioni, soluzioni e metodi per consentire l’adozione di strumenti di riferimento, come la valorizzazione di codici di condotta, etici e buone prassi, che rendano l’intervento per la sicurezza in azienda non un obbligo cui adempiere, una formalità applicata al solo fine di non vedersi comminare sanzioni dalle Autorità competenti, ma un obiettivo di buona gestione di una impresa.
Strumenti per le buone pratiche
Fonte: http://www.inail.it sicurezza sul lavoro Buone Pratiche & Tecniche
In questa sezione INAIL mette a disposizione dell’utenza un nuovo strumento di consultazione di buone pratiche e buone tecniche in materia di prevenzione, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Si tratta di un data base contenente una prima selezione di documenti, che viene costantemente implementato da un gruppo redazionale dell’Istituto.
I documenti possono essere individuati attraverso le seguenti chiavi di ricerca:
1. tipologia (Soluzioni aziendali, Buone tecniche, Linee guida, Materiale informativo);
2. settore produttivo;
3. area di rischio;
4. mansione;
5. agente materiale.
Particolare importanza rivestono le "soluzioni aziendali", interventi tecnici e/o organizzativi originali realizzati da singole Aziende, che si qualificano come "Buone pratiche" in base alla rispondenza ai requisiti previsti dall’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro (OSHA), le quali, oltre a rispettare tutte le norme di sicurezza vigenti, devono essere:
- sperimentate efficacemente in termini di riduzione dell’esposizione ai rischi;
- condivise con le rappresentanze sindacali aziendali;
- esportabili in situazioni lavorative analoghe.
Le aziende possono presentare all’INAIL "Buone pratiche" attuate all’interno della propria organizzazione, che saranno valutate ai fini della pubblicazione.
Tale pubblicazione costituisce uno degli interventi migliorativi valutabili ai fini della riduzione del tasso applicato ai sensi dell’art. 24 delle Modalità di Applicazione della Tariffa dei Premi (sezione B - punto 12 del modello OT-24 del 2007).
Da qui è possibile accedere al data base predisposto e agire sul menù così strutturato:
SOLUZIONI AZIENDALI
- per settore produttivo
- per area di rischio
- per mansione
- per agente materiale
- ultimi inserimenti
- segnala la tua buona pratica
BUONE TECNICHE
- per settore produttivo
- per area di rischio
LINEE GUIDA
- per settore produttivo
- per area di rischio
- per mansione
- per agente materiale
MATERIALE INFORMATIVO
- per settore produttivo
- per area di rischio
- per mansione
- per agente materiale
RICERCA
- ricerca Avanzata
Sempre in rete, potrebbe tornare utile al RLS consultare la “Banca dati degli incidenti sul lavoro e sulla Strada”, o Casellario Centrale degli Infortuni (CCI) gestito dall’INAIL e reperibile all’indirizzo: http://casellario.inail.it/cci/Home/index.jsp
In http://www.ispesl.it/BuonePratiche/index.asp il RLS potrà trovare un utile supporto per i comparti:
- calzaturifici
- ceramica
- concerie (Ciclo di lavorazione)
- concerie (Schede tecniche)
- edilizia abitativa
- legno (lavorazione)
- legno (polveri di legno duro)
- metallurgia
- movimentazione portuale contenitori
- ospedaliero
- pesca
- tessile