Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 14/01/2019
Immigrazione & populismi: numeri freddi su un tema caldo
Immigrazione & populismi: numeri freddi su un tema caldo
14/01/2019  | Immigrazione.  

 

«Tra le numerose sfide che l’eurozona e l’Italia dovranno affrontare vi è quella demografica. Età media avanzata e carenza di forza lavoro potranno essere parzialmente compensate da un impiego più efficiente dei flussi migratori

 

di Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy

 

Milano, 10 gennaio 2019 - L’immigrazione è certamente un tema scottante e nel corso degli ultimi anni è stato uno dei motori del populismo e di evoluzioni politiche talvolta irreversibili, come la Brexit. Si tratta di un argomento estremamente complesso che, da un punto di vista economico, va inquadrato nella particolare situazione demografica europea e nel sistema di regole che determinano l’effettiva integrazione dei migranti. Partiamo dai numeri. Nell’eurozona la popolazione è cresciuta in media solo dello 0,3% annuo nell’ultimo decennio. La gran parte di questa crescita è da attribuire agli stranieri, che rappresentano ora circa il 9% degli abitanti. La bassa crescita demografica si accompagna a un’età media elevata e, conseguentemente, a una forza lavoro che si assottiglia. L’Italia è il Paese maggiormente colpito dall’invecchiamento della popolazione. Infatti, meno del 40% degli abitanti dell’eurozona ha un’età compresa tra i 25 e i 54 anni. Ne consegue che la popolazione in età lavorativa, uno dei motori principali dell’economia, ristagna da un decennio. Secondo le proiezioni statistiche dell’Onu, la forza lavoro nell’eurozona si ridurrà del 2,5% (circa 5,5 milioni di persone) tra il 2018 e il 2025. Questa contrazione sarà un freno alla crescita del Pil dell’eurozona e creerà una sfida esistenziale per gli attuali sistemi pensionistici.

 

Flussi migratori accompagnati a politiche d’integrazione efficaci che aiutino i migranti a unirsi rapidamente alla forza lavoro saranno necessari per sostenere l’economia europea. L’accoglienza non è tuttavia sufficiente senza una rapida ed effettiva integrazione. La Germania è riuscita negli ultimi anni a beneficiare dei flussi migratori: la partecipazione dei lavoratori stranieri è stata il principale motore della crescita dell’occupazione negli ultimi cinque anni. Il tasso di occupazione dei richiedenti asilo è aumentato notevolmente, grazie a politiche che hanno portato a una crescente integrazione. Ciononostante, l’immigrazione ha messo in difficoltà i partiti tradizionali e portato alla crescita di partiti di estrema destra, come Alternativa per la Germania. Infatti, occorre tenere presente che, se da una parte l’immigrazione può colmare delle carenze di forza lavoro, dall’altra può far emergere diversità culturali e creare nuova concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i lavori a minor valore aggiunto, già minacciati dalle nuove tecnologie e dalla globalizzazione. In assenza di politiche atte a mitigare questi impatti, una parte dell’elettorato vira verso le forze politiche che promettono un atteggiamento di chiusura. La ricerca dell’equilibrio tra il bisogno di maggior forza lavoro e la stabilità politica sarà un processo lungo e complesso e, probabilmente, l’unica soluzione praticabile sarà una più efficace integrazione sociale ed economica. Si tratta di un processo complesso, che include aspetti di tipo culturale e mette a dura prova l’intero sistema Paese.

 

Uno studio della Commissione europea indica come l’impatto economico dei rifugiati dipenda in gran parte dalla loro integrazione nel sistema economico e culturale europeo. Ad oggi, l’integrazione appare molto lenta: la stessa Commissione europea indica come l’impatto di lungo termine in uno scenario di status quo sia solo dello 0,15% del PIL entro il 2040. Al contrario, in uno scenario di piena integrazione, l’impatto incrementerebbe il PIL dell’1,31%.