Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 24/01/2019
Medici Senza Frontiere (MSF): migranti riportati nei centri di detenzione in Libia sovraffollati
Medici Senza Frontiere (MSF): migranti riportati nei centri di detenzione in Libia sovraffollati
24/01/2019  | Immigrazione.  

 

Roma, 24 gen. (Adnkronos/Aki) - Nelle ultime due settimane, le équipe  di Medici Senza Frontiere (Msf) in Libia hanno osservato "un netto aumento del numero di persone trattenute nei centri di detenzione a  Misurata e Khoms, dopo una serie di sbarchi che hanno visto rifugiati, migranti e richiedenti asilo  intercettati o recuperati in mare e riportati sulle coste libiche, in piena violazione del diritto internazionale". E' quanto afferma una nota dell'organizzazione, aggiungendo che "il numero di persone nei centri di detenzione dell'area è passato dai 650 all'inizio dell'anno ai 930 attuali".

 

 Due giorni fa, 106 persone sono sbarcate a Khoms da una nave commerciale. Si teme che almeno sei siano annegate mentre il gruppo tentava la traversata. "Allo sbarco, diverse persone avevano bisogno di cure urgenti e siamo intervenuti per fornire assistenza medica", spiega Julien Raickman, responsabile delle attività di Msf a Misurata, Khoms e Bani Walid. Msf ha organizzato il trasferimento di dieci persone in un ospedale vicino, ma - si legge - un ragazzo di 15 anni è morto poco dopo il ricovero. Ieri altre 144 persone soccorse da una nave mercantile sono sbarcate a Misurata. Tra le 250 persone sbarcate complessivamente a Misurata e Khoms, ci sono donne, di cui alcune incinte, neonati e bambini sotto i sette anni, tutti - segnala Msf - "trasferiti nei centri di detenzione dell'area". Solo pochi giorni prima, 117 persone sono annegate in un naufragio, "un chiaro segno della deliberata negligenza da parte delle autorità europee nel garantire la necessaria capacità di ricerca e soccorso per salvare vite nel Mediterraneo centrale".

 

 "Le persone riportate in Libia in questi giorni si trovano ora bloccate in sovraffollati centri di detenzione - denuncia l'organizzazione - La capacità di affrontare nuovi arrivi è al limite e questo peggiora ulteriormente le già drammatiche condizioni della detenzione. Le persone non hanno praticamente alcuna possibilità di uscire all'aria aperta e hanno scarso accesso ad acqua pulita e cibo. Il cibo è del tutto insufficiente e inadeguato a rispondere ai bisogni nutrizionali di persone in gravi condizioni mediche, donne e bambini. Tra le persone trattenute ci sono pazienti affetti da malnutrizione, ipotermia, diarrea. Alcuni raccontano che prima di tentare la traversata del Mediterraneo erano stati tenuti in cattività dai trafficanti per settimane, a volte mesi, senza cibo, sistematicamente abusati e torturati".

 

 "Queste persone sono disperate, sono state riportate nel Paese da cui cercano di fuggire. Devono essere assistite e protette, non rimandate indietro nel drammatico circolo della detenzione", dichiara Julien Raickman di Msf. Secondo l'organizzazione, "anche nei centri di detenzione a Tripoli si registra un aumento delle persone trattenute" e "la maggior parte delle strutture non ha un adeguato isolamento contro il freddo e questo provoca malattie dovute alla prolungata esposizione al clima invernale".

 

In un centro di detenzione nella capitale, le équipe di Msf hanno osservato pazienti con pericolose perdite di peso dovute alla scarsità di cibo. Oltre a questo, i recenti combattimenti a Tripoli hanno causato 14 morti e 58 feriti, secondo i rappresentanti dell'Oms in Libia. Più volte i civili, segnala ancora Msf, si sono trovati in trappola nella zona di conflitto, tra cui "circa 228 rifugiati, migranti e richiedenti asilo trattenuti arbitrariamente nel centro di detenzione di Qasr Bin Gashir, sulla linea del fronte". L'organizzazione spiega che la pompa idraulica del centro ha subito un'interruzione di corrente e le persone sono rimaste senza acqua pulita finché Msf è riuscita a provvedere con una fornitura d'acqua di emergenza. Le équipe di Msf hanno visitato il centro due volte nelle ultime 48 ore per fornire consultazioni e cure mediche, in particolare ai pazienti di tubercolosi.   

 

"La Libia - insiste Msf - non è un posto sicuro dove riportare rifugiati e migranti, i livelli di violenza a cui sono esposti nel paese sono ben documentati. "Sono molto oltre il cinismo l'Unione Europea e i suoi Stati membri, compresa l'Italia, che continuano a implementare politiche basate sull'intercettazione e il ritorno forzato di persone vulnerabili nella detenzione in Libia, mentre in mare ostacolano deliberatamente le navi impegnate nelle attività salvavita di ricerca e soccorso, ancora disperatamente necessarie nel Mediterraneo centrale", afferma Claudia Lodesani, presidente di Msf, organizzazione che lavora in Libia dal 2011.