Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 08/02/2019
Stragi nel Mediterraneo e guardia costiera libica
Stragi nel Mediterraneo e guardia costiera libica
08/02/2019  | Immigrazione.  

 

Di Andrea Gagliardi, https://www.ilsole24ore.com/ 07/02/2019

 

Una proposta di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi nel Mediterraneo e sull'operato della guardia costiera libica. La ha depositato alla Camera il deputato radicale di +Europa Riccardo Magi. «Ho presentato questa proposta di legge - ha aggiunto Magi - accogliendo l'appello di Luigi Manconi, di Radicali Italiani e delle tante personalità che hanno promosso il manifesto “Non siamo pesci”. È una proposta che offro a tutti i colleghi, di tutti i gruppi parlamentari, come punto di partenza per un lavoro il più possibile trasversale». A sostenere l’iniziativa sono stati finora Leu, tramite Nicola Fratoianni e lo stesso Pd per voce del presidente Matteo Orfini.

 

Oltre 2mila morti nel Mediterraneo

 

Nella Pdl si ricorda che in base ai dati dell'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite (Unhcr), i morti e dispersi nel Mediterraneo centrale sono stati -nel 2018- 2.278, a fronte di un numero di arrivi fortemente in diminuzione (23.370 persone sbarcate in Italia secondo il ministero dell'interno rispetto ai 119.369 mila nel 2017). A settembre 2018, una persona ogni otto che hanno effettuato la traversata dalla Libia ha perso la vita, soprattutto a causa della ridotta capacità di ricerca e soccorso, sostiene l'Unhcr.

 

Gli interventi della guardia costiera libica

 

«A partire dalla seconda metà del 2017 - si legge ancora - sono stati sempre più numerosi gli interventi della guardia costiera libica al di fuori delle proprie acque territoriali - a volte coordinati da Roma - e sempre più frequenti le situazioni critiche per gli operatori umanitari impegnati nei soccorsi in mare. Quello che è successo il 6 novembre 2017 è documentato dal lavoro svolto, tramite le immagini disponibili e le testimonianze di operatori e sopravvissuti». Immagini che mostrano «il salvataggio di decine di persone da parte dell'Ong Sea Watch e il tentativo di ostacolare le operazioni da parte dalla guardia costiera libica, il tutto coordinato a distanza dal Centro di Coordinamento Marittimo (MRCC) di Roma: solo 59 naufraghi sono riusciti quel giorno a salire a bordo della nave della Ong e a raggiungere Pozzallo, mentre altri 47 sono stati recuperati dai libici e riportati nei centri di detenzione. Almeno venti   persone hanno perso la vita prima che intervenisse Sea Watch». 

 

«Oltre alla violenza dei libici sui migranti recuperati e allo strazio per le persone che annegano, un aspetto appare evidente dai video: l'equipaggio della motovedetta che pretende di avere il controllo delle operazioni - una delle quattro consegnate dal ministro dell'interno Minniti a Tripoli ad aprile 2017 - appare del tutto incapace di intervenire per portare in salvo le persone». 

 

Il ruolo del governo italiano

 

Del resto il riconoscimento della Guardia costiera libica come partner del Governo Italiano «parte già dalla scorsa legislatura con il memorandum firmato dal governo italiano con Serraji nel febbraio 2017, che segna il formale avvio di una strategia di “contrasto all'immigrazione clandestina” consistente nel supporto alla guardia costiera libica nel fermare le partenze dei migranti o riportarli nei centri di detenzione, nonostante gli evidenti limiti in termini di tutela dei migranti e di capacità di intervento nelle operazioni di salvataggio e coordinamento dell'area SAR (search & rescue)». 

 

La richiesta di una commissione di inchiesta

 

Di qui la richiesta di istituire, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, con durata biennale, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi nel Mediterraneo e sull'operato della guardia costiera libica. Tre i compiti della Commissione. Prima di tutto: «indagare sulle cause dei naufragi avvenuti nel Mar Mediterraneo a partire dal 2017 ad oggi acquisendo documenti, comunicazioni via radio, tracciati e video relativi ad ogni evento». Poi «fare chiarezza sul comportamento e sulle responsabilità della guardia costiera libica; reperire dati sul numero di persone intercettate dai libici e riportate indietro a partire dal 2017, al fine di ottenere la lista completa dei nominativi delle persone riportate indietro, in quali centri di detenzione siano state trasferite e quale sia la loro attuale condizione».

 

 Lo stato dei campi di detenzione in Libia

 

Infine, «reperire ogni informazione utile sullo stato dei centri di detenzione gestiti dalle autorità libiche e in particolare dal Dipartimento per il contrasto all'immigrazione irregolare: quanti sono e dove si trovano, quante persone vi sono recluse (donne, uomini e minori) e di quale nazionalità, quante di queste siano state individuati dalle organizzazioni internazionali come bisognosi di protezione, in quanti di questi centri siano autorizzati a entrare gli operatori delle organizzazioni internazionali».