Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 29/10/2019
Migranti, memorandum Italia-Libia verso il rinnovo. “Quel patto va stralciato”
Migranti, memorandum Italia-Libia verso il rinnovo. “Quel patto va stralciato”
29/10/2019  | Immigrazione.  

 

In mancanza di un intervento del governo, l'accordo si rinnoverà in maniera automatica. Miraglia (Arci): "Governo italiano sta foraggiando milizie che commettono crimini contro l'umanità. I centri vanno chiusi, non ci sono alternative". Amnesty ricorda che il patto potrebbe valere per altri tre anni. Intersos: "Serve un nuovo inizio, tutelare le persone"

 

Di Eleonora Camilli

 

ROMA - Il prossimo 2 novembre, in mancanza di un intervento del Governo, scatterà la proroga automatica del Memorandum d’intesa siglato nel febbraio del 2017 tra Italia e Libia. In base all’accordo (e se non ci saranno modifiche)  l’Italia continuerà, dunque, a sostenere la cosiddetta Guardia Costiera libica e i centri di detenzione in Libia. Una posizione, quella del nostro Governo, fortemente criticata dalle organizzazioni umanitarie che si occupano di migranti e diritti umani. Secondo le ong la situazione nel paese, che si è fortemente aggravata negli ultimi mesi, con lo scoppio di una nuova guerra interna, rende infatti, impraticabile qualsiasi accordo con il governo di Tripoli. Inoltre, la condizione dei centri di detenzione libici, acclarata già da un report dell’Unhcr che parla di “orrori inimmaginabili”, e rafforzata dalle recenti inchieste giornalistiche (da ultime quelle di di Avvenire, L’Espresso e Propagandalive) mostrano la necessità di un’evacuazione immediata dei centri, anziché di un investimento di risorse all’interno. 

 

“La situazione in Libia, ormai da anni, è di palese violazione dei diritti umani - sottolinea Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci nazionale -. La violenza è diffusa, il traffico di esseri umani è in mano alle milizie, le stesse persone a cui riconsegnamo i migranti con quelli che sono a tutti gli effetti respingimenti delegati. I migranti vengono poi rinchiusi nei lager dove sappiamo di abusi, stupri, morti. Tutto questo è ormai sotto gli occhi dell’opinione pubblica ma il Governo italiano non sembra farsi problemi a foraggiare le milizie che commettono crimini contro umanità. Noi riteniamo, invece, che il Memorandum vada stralciato immediatamente: trattandosi di un semplice accordo l’Italia potrebbe farlo in qualsiasi momento, non capiamo perché sia ancora lì, forse per paura della destra xenofoba”. 

 

Il Tavolo Asilo, composto dalle principali organizzazioni italiani che lavorano sul tema immigrazione, nei prossimi giorni lancerà un appello al governo italiano e in particolare al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per chiedere non rinnovare l’accordo. “Noi pensiamo che i centri vadano chiusi, non c’è alternativa a questo - aggiunge Miraglia -. Sono gestiti dalla polizia dell'immigrazione di un governo parziale, in guerra civile. Qui i migranti sono usati come arma di ricatto. Sono luoghi totalmente al di fuori del diritto e  incontrollabili, come si può pensare ancora di investire in questi centri? Vanno solo svuotati. Dopodiché l’Italia e l’Europa dovrebbero porsi come obiettivo quello di favorire un processo di pace nel paese, aiutando la società civile che non ha posto nel dibattito pubblico e nel processo politico interno al paese. Ma l’unico intento sembra quello di tutelare i nostri interessi: l’inchiesta di Nello Scavo per Avvenire ha rivelato una situazione emblematica e al tempo cruciale - aggiunge -. L’Italia è entrata in una dinamica di conflitto tra milizie, si tratta con bande locali senza problemi, ma questa trattativa, non ha nulla di diverso di una trattativa con la mafia. Lo Stato ha così abdicato al suo ruolo, speriamo ora che la magistratura italiana faccia chiarezza il prima possibile per capire in nome di cosa abbiamo svenduto il nome dell’Italia”.

 

Amnesty International ricorda che se verrà rinnovato automaticamente, l'accordo resterà in vigore altri tre anni. Molto critica anche Intersos. “Come organizzazione umanitaria operativa a Tripoli e nel Sud della Libia con programmi di aiuto e protezione per i minori, chiediamo con forza che il Governo italiano annulli il memorandum del 2017 e i precedenti accordi con il Governo libico e che, fatti salvi gli interventi di natura umanitaria, non vengano rifinanziati quelli di supporto alle autorità libiche nella gestione e controllo dei flussi migratori - scrive l’ong in una nota - Nelle relazioni con la Libia per la gestione dei flussi migratori è il momento della discontinuità. Occorre un nuovo inizio, che rimetta al centro la ricerca di soluzioni finalizzate alla tutela della vita delle persone e del diritto internazionale che ne è garanzia. Chiediamo che si stabilisca un programma efficace di ricerca e salvataggio in mare a livello europeo e che si prevedano canali di ingresso regolari, in modo che le persone non siano più costrette ad affidarsi ai trafficanti”.

 

Secondo Intersos, inoltre, ormai è dimostrato “come i finanziamenti italiani siano andati a sostegno anche di veri e propri criminali, come il trafficante di esseri umani Bija, sottoposto a sanzioni dal Consiglio di Sicurezza Onu per i crimini contro l’umanità su cui indaga la Corte penale internazionale. È dimostrato come i migranti intercettati in mare dalla Guardia Costiera libica e riportati forzatamente in Libia vengano rinchiusi nei centri di detenzione, in condizioni disumane, e siano sistematicamente sottoposti a torture, stupri e violenze. Quando tentano di opporsi al ritorno in Libia, gli ufficiali libici non esitano a sparare e a uccidere - continua la nota -. Come dichiarato dalle Nazioni Unite, dal Consiglio d’Europa e dalla Commissione europea nonché dalla stessa magistratura italiana, la Libia non può in alcun modo essere considerato un Paese sicuro e dunque le persone che tentano di fuggire non possono essere rimandate in quel Paese. Lo vietano il diritto internazionale e la nostra Costituzione. I respingimenti “delegati” dalle autorità italiane alla Guardia costiera libica comportano esattamente le stesse violazioni per le quali l’Italia è già stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2012”.

 

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