Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 10/02/2020
Le persone in fuga dagli effetti dei cambiamenti climatici non possono essere rimpatriate se corrono un rischio imminente di perdere la vita
Le persone in fuga dagli effetti dei cambiamenti climatici non possono essere rimpatriate se corrono un rischio imminente di perdere la vita
10/02/2020  | Immigrazione.  

 

(da: www.integrazionemigranti.gov.it) Il degrado ambientale, i cambiamenti climatici e uno sviluppo insostenibile  rappresentano tra le minacce più serie al diritto alla vita. Qualora tali rischi fossero imminenti, ai sensi del Patto internazionale sui diritti civili e politici (International Covenant on Civil and Political Rights/ICCPR) costituisce un atto illegittimo, ad opera dei governi, effettuare rimpatri verso Paesi in cui gli effetti dei cambiamenti climatici esporrebbero le persone al rischio di perdere la vita (art. 6) o nei quali sarebbero a rischio effettivo di subire trattamenti crudeli, disumani o degradanti (art. 7). È questo l'importante principio stabilito dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite in una decisione adottata il 24 ottobre scorso (Ioane Teitiota v/New Zeland)

 

Il caso

 

Nel 2013, Ioane Teitiota cittadino originario delle isole Kiribati (Pacifico), chiedeva lo status di rifugiato in Nuova Zelanda sulla base del fatto che i rischi per la sua vita rappresentati dai cambiamenti climatici lo avessero costretto a lasciare Kiribati. The Immigration and Protection Tribunal della Nuova Zelanda respingeva la sua domanda e questa decisione veniva confermata in appello presso l'Alta Corte e dalla Corte Suprema. Avendo esaurito i rimedi interni, il richiedente si è rivolto al Comitato dei diritti Umani delle Nazioni Unite (HRC) ai sensi del Protocollo opzionale sui diritti civili e politici, lamentando che la Nuova Zelanda avesse violato il suo diritto alla vita obbligandolo a ritornare a Kiribati. Il ricorrente lamentava il fatto che lui e la sua famiglia fossero in "pericolo di vita" non a causa di un conflitto o persecuzione, ma per motivi climatici, tanto da non avere un luogo dove tornare.

 

La decisione

 

La decisione del Comitato, seppur negativa nei confronti del ricorrente, è importante in quanto approfondisce il tema dei diritti umani, compreso il diritto alla vita, che rischiano di essere violati nel contesto degli effetti negativi dei cambiamenti climatici e dell'impatto delle catastrofi naturali.

 

Il Comitato delle Nazioni Unite ritiene fondatesia le prove fornite dagli esperti secondo cui l'innalzamento del livello del mare e la rapida crescita della popolazione a Kiribati hanno compromesso la fornitura di acqua potabile, sia le argomentazioni del ricorrente, secondo cui le condizioni di vita di molti residenti sono diventati considerevolmente più difficile in ragione della salinazione causata dall'innalzamento del livello del mare. Tuttavia, nel caso di specie, il Comitato ritiene che sebbene possa essere difficile per i residenti accedere all'acqua potabile e coltivare colture, tuttavia ciò non è impossibile. Inoltre, pur riconoscendo espressamente che sia gli eventi ad insorgenza improvvisa che quelli a insorgenza lenta causati dai cambiamenti climatici creano un rischio reale che Kiribati possa essere completamente sommerso con conseguente spostamento della popolazione diffusa, l'HRC non considera tale rischio "imminente", come sarebbe necessario per poter ritenersi violato l'articolo 6 del Patto sui diritti civili e Politici .

 

Il Comitato riconosce tuttavia, in linea generale, che gli Stati sono tenuti a tener conto degli effetti dei cambiamenti climatici nella valutazione delle domande di asilo e hanno l'obbligo di non rimpatriare le persone verso luoghi in cui i cambiamenti climatici rappresentano un rischio reale per il loro diritto alla vita.

 

I commenti

 

Secondo Yuvalm Shany, vicepresidente del Comitato, «questa decisione stabilisce nuovi standard che potrebbero facilitare il successo delle future richieste di asilo legate al cambiamento climatico».

 

Anche l'UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha accolto con favore la decisione, ritendo possa avere implicazioni su ampia scala per la protezione internazionale delle persone in fuga per effetto di cambiamenti climatici e catastrofi naturali. L'UNHCR da tempo sottolinea come le persone in fuga dagli effetti negativi del cambiamento climatico e dell'impatto di disastri improvvisi e a insorgenza lenta potrebbero avere validi motivi per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato ai sensi della Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati o delle legislazioni regionali in materia. Tali casi includono, ma non sono limitati a, quelle situazioni in cui i disastri e i cambiamenti climatici si intrecciano a conflitti e violenze.

 

- Leggi la Decisione del Human Rights Committee (Teitiota v/New Zeland)