Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 01/04/2020
Gran Bretagna, cittadini europei intrappolati tra Brexit e coronavirus
Gran Bretagna, cittadini europei intrappolati tra Brexit e coronavirus
01/04/2020  | Immigrazione.  

 

La paralisi imposta dall’epidemia blocca l’invio delle richieste di residenza. Le persone meno attive online rischiano di trovarsi immigrati illegali

 

Di Nicol Degli Innocenti

 

31 marzo 2020 - L’emergenza coronavirus ha fatto passare tutto in secondo piano, Brexit compresa, ma rischia di avere un impatto negativo sui cittadini europei che ancora non hanno ottenuto il diritto di residenza permanente in Gran Bretagna. Per questo è stata appena lanciata una campagna per chiedere al governo britannico di abbandonare le procedure in vigore e di garantire per legge a tutti i cittadini Ue attualmente residenti in Gran Bretagna il diritto a restare. Il sistema attuale prevede che i cittadini Ue facciano domanda per ottenere il “settled status”, o diritto di residenza permanente, se vivono qui da oltre cinque anni, e il “pre-settled status”, una sorta di anticamera d’attesa, se residenti da meno tempo. Finora oltre 3 milioni di cittadini europei hanno chiesto e ottenuto il diritto a restare, in forma definitiva o temporanea.

 

Diritto a restare

 

I cittadini hanno tempo fino al giugno 2021 per fare domanda, quindi sei mesi oltre la fine del periodo di transizione che termina il 31 dicembre 2020, data che segna l’uscita definitiva della Gran Bretagna dalla Ue. Il governo britannico, riconoscendo le difficoltà che il sistema presenta per migliaia di persone che sono anziane, hanno poca familiarità con internet o non hanno i documenti richiesti, aveva organizzato una campagna di informazione e una rete di sostegno e consulenza mirata. In febbraio ha stanziato 8 milioni di finanziamenti aggiuntivi per aiutare i cittadini Ue a presentare domanda correttamente. «Non lasceremo nulla di intentato per assicurarci che tutti abbiano l’aiuto di cui hanno bisogno», ha detto Kevin Foster, il sottosegretario all’Immigrazione.

 

Però sia la campagna di informazione che la rete di sostegno, compresi gli aiuti gestiti da enti di beneficenza e ONG, sono ora congelate a causa del del divieto di incontrare persone e della necessità di utilizzare tutte le risorse disponibili per combattere l’epidemia.

 

I numeri verdi per avere assistenza telefonica non sono più attivi, non è più possibile inviare richieste di residenza per posta e sono stati chiusi tutti i centri dove i cittadini Ue potevano recarsi di persona per essere aiutati a completare la pratica.Si può solo fare domanda online, quindi le persone meno informate, meno “tecnologiche” e più vulnerabili sono le più penalizzate.

 

«La crisi coronavirus significa che l’intero sistema rischia di crollare - spiega Zoe Gardner dellaJoint Committee for the Welfare of Immigrants -. I servizi di sostegno per aiutare le persone a ottenere la residenza richiedono in gran parte incontri di persona, e quindi non potranno funzionare ora per un lungo periodo di tempo».

 

Imbrigliati nei ritardi

 

Il Comitato, assieme all’associazione Another Europe is Possible, ha lanciato la campagna “The Right to stay” per convincere il governo a cambiare strategia, inserendo il “diritto a restare” dei cittadini Ue nella legislazione di emergenza per il coronavirus, «senza che sia imbrigliato nei possibili ritardi dei negoziati tra Londra e Bruxelles». Altrimenti il rischio è che nel giugno 2021 migliaia di cittadini europei senza “settled status” si trovino all’improvviso a essere immigrati illegali senza diritto di residenza.

 

«I cittadini Ue vivono nell’incertezza da troppo tempo - dichiara Christine Jardine, responsabile degli Interni del partito liberaldemocratico -. Devono avere il diritto di restare. Anche prima della crisi coronavirus avevamo avvertito che decine di migliaia di cittadini Ue si sarebbero trovati senza settled status allo scoccare della scadenza arbitraria imposta dal governo conservatore».

 

Vite salvate

 

La Jardine il mese scorso ha presentato un disegno di legge mirato a tutelare i diritti dei cittadini Ue residenti in Gran Bretagna, che però non ha grandi speranze di essere approvato da un Parlamento con una solida maggioranza Tory. In ogni caso ora Westminster ha chiuso i battenti causa coronavirus. Ha aderito alla campagna anche Clara Angela di Stefano, un’infermiera italiana che lavora in un reparto intensivo dell’Nhs, il Servizio sanitario nazionale britannico, e si trova quindi in prima linea nella lotta contro il coronavirus.

 

«Nei prossimi mesi, gli immigrati salveranno innumerevoli vite negli ospedali dell’Nhs, molti di noi si ammaleranno e alcuni moriranno - afferma di Stefano -. Siamo orgogliosi del lavoro che facciamo. Ma quando questa crisi sarà finita, molte migliaia di immigrati dalla Ue potrebbero perdere il loro status perché il governo persiste con un sistema di valutazione che non funziona. Boris Johnson può risolvere facilmente questo problema, concedendoci il diritto a restare garantito dalla legge». Anche il sistema online di valutazione delle richieste di “settled status” era già stato rallentato dall’emergenza. Il tempo medio per ottenere una risposta, che era di cinque giorni, ora è di diverse settimane. Inoltre nel solo mese di febbraio l’Home Office ha respinto 300 richieste di residenza, citando la mancanza di documentazione corretta e completa. Si tratta di un’impennata senza precedenti: finora infatti solo sette persone erano state “bocciate”, per ragioni solitamente legate a precedenti penali. Secondo the3Million, associazione che rappresenta i cittadini Ue in Gran Bretagna, è una «strana coincidenza» che l’impennata sia avvenuta proprio il mese dopo Brexit.