Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 07/05/2020
Migranti, regolarizzazione strada antica: anche per centrodestra
Migranti, regolarizzazione strada antica: anche per centrodestra
07/05/2020  | Immigrazione.  

 

Roma, 6 mag. (askanews) – Si torna a parlare in questi giorni di regolarizzazione di lavoratori migranti nel nostro paese dopo che il governo del Portogallo lo ha annunciato nei mesi scorsi. Numeri non certo da “invasione”, come alcuni ripetono, ma importanti certamente. Secondo Il Sole 24 ore si tratterebbe di circa 300mila persone (solo nel settore domestico si stima che siano 200mila) quelle interessate da una possibile regolarizzazione perché in grado di avere un contratto di lavoro, su una platea di almeno 600mila presenze non regolari nel nostro paese. Una partita anche economica, sottolinea il quotidiano, con una stima pari a 405 milioni di nuova Irpef e 804 di contributi.

 

Ma se questo tema sensibile per la perenne campagna elettorale nella quale si dibatte la politica nostrana divide e scalda i dibattiti, bisogna ricordare che “nulla di nuovo c’è sotto il sole” visto che sono stati circa un milione e seicentomila gli immigrati irregolari che hanno beneficiato delle numerose sanatorie dal 1986 al 2012, l’ultima cronologicamente. E a ben guardare, quasi un milione sono stati i migranti regolarizzati con governi di centrodestra, quando Berlusconi era cioè Presidente del Consiglio, e questo grazie a due maxi-sanatorie promosse dai suoi governi nel 2002 e nel 2009.

 

Nel 2002, in particolare, fu la legge Bossi-Fini a regolarizzare 634mila persone in seguito alla presentazione di 697mila domande, di cui 340mila per colf e badanti e 357mila per lavoratori subordinati. Allora fu chiamata dalle cronache la “grande regolarizzazione”, anche perché numeri simili non sono mai più stati raggiunti in seguito.

 

Un’altra finestra si aprì nel 2006 grazie al decreto flussi per l’assunzione annuale di lavoratori stranieri. In questo caso furono 655mila le richieste, arrivate in meno di una settimana con la nuova procedura telematica affidata a datori di lavoro e patronati, un numero quasi quattro volte superiore ai 170mila posti a disposizione.

 

Nel 2009, invece, sempre con un governo di centro-destra, furono 294.744 le richieste di regolarizzazione da parte di colf e badanti ai quali la sanatoria era destinata, nonostante il governo si fosse attrezzato per accogliere tra le 500.000 e le 750.000 richieste, secondo le previsioni del ministero dell’Interno, con alla guida il leghista Roberto Maroni.

 

L’ultimo in ordine di tempo, è stato il tentativo fatto nel 2012 con l’allora ministro Andrea Riccardi, scuola Sant’Egidio, di far emergere i migranti dal sommerso. Si risolse con un mezzo flop visto che alla fine furono solo 105mila le richieste di regolarizzazione pervenute dai datori di lavoro che volevano fare uscire dalla clandestinità i propri dipendenti immigrati concedendo loro un permesso di soggiorno. Flop (si erano stimati numeri intorno alle 300-400mila unità) spiegato anche per l’alto costo dell’operazione da parte proprio di chi doveva regolarizzare.

 

Si stima, comunque, che un terzo degli immigrati regolari presenti oggi in Italia ha un passato da irregolare e sia stato ‘sanato’ da questo tipo di provvedimento. Dal 1986 è passato da questa trafila oltre un milione e mezzo di persone.

 

“Perché in Italia centinaia di migliaia di persone sono costrette a vivere senza documenti in regola pur lavorando?” si è chiesto recentemente lo storico Michele Colucci sulle pagine di “Internazionale”. “Per capire lo scenario attuale e immaginare le possibili soluzioni è indispensabile ricostruire la storia delle politiche migratorie più recenti e in particolare concentrare l’attenzione proprio sullo strumento della sanatoria, più volte adottato in Italia a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, ma sistematicamente rifiutato per ragioni ideologiche negli ultimi dieci anni”, è la sua risposta. “Il ricorso sistematico allo strumento della regolarizzazione – spiega Colucci – ha fatto emergere l’ipocrisia delle classi dirigenti. Qualsiasi tentativo di pianificare l’arrivo, il collocamento e la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici provenienti dall’estero è stato sistematicamente rinviato. Per questo, i numeri delle regolarizzazioni sono sempre stati molto alti”.

 

Da qui le conclusioni: “Se vogliamo trarre qualche lezione dalla storia più recente dobbiamo anche accettare che una regolarizzazione , da sola, non può essere sufficiente per affrontare l’attuale congiuntura, che rischierebbe di riproporsi puntualmente dopo un certo lasso di tempo e certamente sarebbe ancora meno risolutivo un provvedimento limitato solo all’agricoltura, come sembra emergere negli ultimi giorni. Diventa prioritario, a fianco di una sanatoria generalizzata, ricostruire un sistema di regole e di garanzie per rendere legali gli spostamenti: visti, flussi, autorizzazioni che alzino il velo sull’attuale trappola in cui imperversano burocrazia e criminalità. Allo stesso tempo, è indispensabile affrontare il tema della precarietà lavorativa e alloggiativa che vivono settori sempre più ampi della popolazione, non solo di origine straniera”.

 

“Oltre che regolarizzare gli immigrati – conclude Colucci – si tratta di quindi di regolarizzare l’immigrazione. L’occasione per chiudere la stagione della precarietà e della corsa al ribasso dei diritti di chi lavora è arrivata, ma va colta immediatamente e in modo non strumentale”.

 

Gci