Venerdì 15 maggio è la giornata internazionale della famiglia, istituita nel 1994 dalle Nazioni Unite.
Secondo quanto descritto nella Dichiarazione universale dei diritti umani all’ art. 16 c.3, la famiglia è “il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”.
Nella Costituzione italiana – entrata in vigore nel 1948 - l’art. 29 così descrive la famiglia: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’ uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Il concetto di famiglia viene legato al matrimonio.
Eppure, solo nel 1975 è stata emanata in Italia la legge n.151, che riformando il diritto di famiglia sanciva l’effettiva equiparazione dei coniugi, e solo nel 2012 è stata abrogata la norma che prevedeva che solo il padre potesse, nei casi di emergenza, prendere i più opportuni provvedimenti per l'interesse della prole.
Inoltre, nel 2016 la legge n. 76 ha normato le Unioni Civili, allargando il concetto di matrimonio - e quindi di “famiglia” - anche a coppie di sesso uguale.
La crisi derivante dal coronavirus ha portato alla ribalta l’indispensabilità della famiglia quale luogo essenziale per la società, quello in cui si tramandano consuetudini e tradizioni, si formano prioritariamente i bambini, che fa da ammortizzatore assorbendo i colpi e da cui si riceve assistenza: soprattutto in tempi difficili emerge la sua natura di fondamentale supporto ai sui componenti.
Eppure, la famiglia stenta a diventare il luogo in cui ci sia reale parità in termini di diritti e doveritra coniugi e componenti. Consuetudini culturali e condizioni economiche continuano a rendere di fatto le donne i soggetti più deboli, soprattutto se i risparmi effettuati sui servizi fondamentali ed a prevalente composizione femminile (come istruzione e sanità, complessivamente 72,4%, e servizi alla persona, 69,1%) si trovano a non poter assolvere pienamente ai compiti cui sono chiamati.
E’ una catena: se non camminano i servizi, le criticità si scaricano sulla famiglia. Se la famiglia ha necessità, le donne si fanno carico dei bisogni. Se sei donna e fai figli, o se hai genitori a cui servono assistenza e cura, hai più difficoltà a tenerti il lavoro. Così lo molli e “torni d’accapo e senza passare dal via”, come in un Monopoli infinito! E’ davvero un passetto piccolissimo trovarsi a dover lasciare il lavoro, se non si riesce a conciliarlo con le esigenze familiari.
Il genere femminile è già il genere meno occupato (il tasso di occupazione femminile in Italia è appena il 49% sul totale delle donne, contro il 63% degli uomini). Inoltre, il lavoro di una donna resta retribuito meno dell’uomo (Italia, dati Eurostat marzo 2019 riferiti alle sole retribuzioni fondamentali: mediamente il gender gap nel settore pubblico in Italia è pari al 4,1% mentre nel privato supera il 20%).
Anche il dato di natalità continua a decrescere. In Italia siamo passati dall’ 1,34% del 2017 all’ 1,29%, sia per l’innalzamento dell’età del primo parto (32,1 anni), sia per la ridotta offerta di servizi e condivisione dei compiti in ambito familiare, che rende davvero difficile far fronte alla maternità mantenendo un posto di lavoro. Così si alza l’età delle primipare e si riduce l’età fertile.
Quindi è proprio il momento giusto a che si faccia una seria riflessione su quale famiglia vogliamo e su quale ruolo la famiglia deve avere nella nostra società: soprattutto evitando di richiudere le donne in casa, come sembra invece si desideri da più parti!