Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 22/06/2020
Etiopia, con la pandemia aumentano i rimpatri forzati
Etiopia, con la pandemia aumentano i rimpatri forzati
22/06/2020  | Sindacato.  

 

Circa 3.000 dalla sola Arabia Saudita. Le strategie che funzionano per contenere la diffusione del virus in molti Paesi non vengono applicate ai migranti

 

(www.repubblica.itI rimpatri dalla penisola arabica. D'Alessandro ricorda che i rimpatri dalla penisola arabica sono ripresi alcune settimane fa, dopo un periodo di sospensione chiesto dal governo etiope guidato da Abiy Ahmed: "C'e' stata una fase molto delicata, insostenibile, nella quale arrivavano anche tre aerei a notte, dalle 600 fino alle mille persone". Una volta atterrate all'aeroporto di Addis Abeba, le persone dovevano essere sottoposte a una quarantena di 14 giorni, trascorsa il piu' delle volte "in università riadattate".

 

Niger, crocevia di rotte diverse verso l'UE. Al problema dei rimpatri si somma quello dei migranti in transito, in un Paese che, sottolinea D'Alessandro, proprio come il Niger "è crocevia di diverse rotte verso l'Europa". Per questa ragione, secondo il cooperante, l'intervento di Cuamm si sviluppa lungo assi diversi: "Siamo presenti in quattro aree  del Paese e ci stiamo occupando di assistere il governo nel fare informazione, mettere in sicurezza le strutture sanitarie e reperire i dispositivi di protezione individuale".

 

I rimpatri dalla penisola arabica. D'Alessandro ricorda che i rimpatri dalla penisola arabica sono ripresi alcune settimane fa, dopo un periodo di sospensione chiesto dal governo etiope guidato da Abiy Ahmed: "C'e' stata una fase molto delicata, insostenibile, nella quale arrivavano anche tre aerei a notte, dalle 600 fino alle mille persone". Una volta atterrate all'aeroporto di Addis Abeba, le persone dovevano essere sottoposte a una quarantena di 14 giorni, trascorsa il piu' delle volte "in università riadattate".

 

Niger, crocevia di rotte diverse verso l'UE. Al problema dei rimpatri si somma quello dei migranti in transito, in un Paese che, sottolinea D'Alessandro, proprio come il Niger "è crocevia di diverse rotte verso l'Europa". Per questa ragione, secondo il cooperante, l'intervento di Cuamm si sviluppa lungo assi diversi: "Siamo presenti in quattro aree del Paese e ci stiamo occupando di assistere il governo nel fare informazione, mettere in sicurezza le strutture sanitarie e reperire i dispositivi di protezione individuale".

 

ROMA (Agenzia DIRE) - I rimpatri forzati di migranti non sono stati fermati dalla pandemia, al contrario. Nonostante i rischi sanitari che queste operazioni comportano, c'è stato un incremento in diverse aree del mondo, soprattutto dal Medio Oriente verso l'Africa. A evidenziarlo uno studio pubblicato su Lancet Migration, piattaforma specializzata della rivista scientifica britannica. "Tutte le strategie che sembrano aver funzionato per contenere la diffusione del virus  in molti Paesi non vengono applicate ai migranti, ritenuti evidentemente non umani": è la denuncia che si legge in un'intervista con l'agenzia Dire a Davide Mosca, medico, membro della Commissione sulla salute dei migranti di Lancet, uno degli autori della ricerca.

 

Sono 11.000 i migranti rimpatriati. Realizzato assieme ad esperti della Ong italiana Medici con l'Africa Cuamm e dell'università di Edimburgo, con la collaborazione dell'Organizzazione mondiale delle migrazioni (OIM), lo studio dedica attenzione particolare ai casi di Etiopia e Niger. Secondo Mosca, se "il problema è globale e riguarda tutte le regioni del mondo", i due Paesi africani sono però "emblematici". Sarebbero oltre 11.000 i migranti rimpatriati in Etiopia dall'inizio della pandemia, circa 3.000 dalla sola Arabia Saudita. Mosca premette che "in molti casi queste persone sono diventate irregolari per effetto della crisi economica generata dalla pandemia".

 

La deportazione in una fase delicata. In Paesi dove i permessi di soggiorno sono connessi alla situazione lavorativa "perdere un impiego significa perdere il diritto di restare", sottolinea il medico. Secondo Mosca, le deportazioni di queste persone in una fase delicata dal punto di vista sanitario presentano diverse criticità. "La prima è la negazione del diritto alla salute", denuncia l'esperto: "E' impossibile fare prevenzione negli affollati centri di detenzione dove vengono spesso tenute le persone prima di essere rimpatriate". A essere violati però, evidenzia Mosca, sarebbero anche i principi della salute pubblica dato che "proteggere la salute di una persona significa tutelare quella di tutti".

 

Le rimesse dei migranti mantengono 100 milioni di persone. L'autore dello studio calcola che "in Africa il sostentamento di circa 100 milioni di persone dipende dalle rimesse economiche inviate dai migranti". Costringerli a tornare a casa significherebbe quindi colpire tante famiglie. Uno delle conseguenze dei rimpatri è anche il sovraccarico sistemi sanitari già sotto pressione. Con la Dire ne parla Michele d'Alessandro, co-autore dell'articolo di Lancet, al lavoro ad Addis Abeba con l'ufficio relazioni internazionali di Cuamm. "Immaginate - dice il cooperante - che effetto può avere tutto questo su un Paese come l'Etiopia, che conta 110 milioni di abitanti ed è già alle prese con focolai di colera, malaria e morbillo".