Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 22/06/2020
Quando si accetta che la propria vita vale meno di quella degli altri per cercare un domani migliore
Quando si accetta che la propria vita vale meno di quella degli altri per cercare un domani migliore
22/06/2020  | Sindacato.  

 

Numeri e riflessioni nella giornata Mondiale dedicata ai rifugiati di tutto il mondo che risultano essere 70,8 milioni, ma oltre 40 milioni di loro neanche provano ad arrivare da noi

 

Di Carlo Ciavoni

 

ROMA – Tanto non si fermeranno. E continueranno a pagare qualunque cifra per andarsene via da dove sono nati, e dove lasciano genitori, fratelli, amici, amori, ma dove una guerra, un clima ostile, la corruzione e la violenza dei governanti, li costringono a fuggire. Più lontano possibile. Succede – dicono le statistiche dell’UNHCR – ogni 2 secondi. I numeri del fenomeno planetario delle persone costrette ad abbandonare ciò che hanno di più caro e prezioso, mai visti prima, parlano chiaro: sono 70,8 milioni gli esseri umani in tutto il mondo costretti a scappare dal proprio Paese, in Africa, Asia, Medio Oriente, America Latina. Di questi, circa 26 milioni sono rifugiati, cioè chiedono asilo in altri Paesi, più della metà dei quali di età inferiore ai 18 anni. A questi vanno aggiunti milioni di apolidi, cui sono stati negati nazionalità e accesso a diritti fondamentali, come istruzione, salute, lavoro, libertà di movimento. Il rischio delle traversate aumenta: S’è calcolato che ogni 60 persone che arrivano, una perde la vita durante il viaggio. Lo si apprende dal Dossier Idos del 2019.

 

Il "gioco" dei profughi che rischiano la vita tra fili spinati e manganellate che si svolge all'interno dei confini europei

 

Una percezione smentita dai fatti. La percezione dell’invasione, della “sostituzione etnica” è smentita dai fatti che nel dettaglio, secondo il quadro con i dati più recenti dell’UNHCR sono i seguenti:

 

- 40,3 milioni di persone sono sfollati interni

- 26 milioni i rifugiati

- 3.5 milioni i richiedenti asilo

- il 57% delle persone sotto il mandato dell’Agenzia Onu provengono

- dalla Siria, 6.7 milioni

- dall’Afghanistan, 2.7 milioni

- dal Sud Sudan 2.3 milioni

 

Un paio di esempi estremi

 

Il primato del Libano. In Libano il più elevato numero di rifugiati pro capite del mondo. Attualmente – ci informa l’Agenzia ONU per i profughi - nel Paese mediorientale, 1,5 milioni di rifugiati siriani, fuggiti a causa del conflitto iniziato nel 2011, sono suddivisi tra aree urbane e campi informali che non dispongono di reti idriche pubbliche. Molte famiglie, di conseguenza, hanno un accesso limitato all’acqua corrente e sono anche costrette a utilizzare servizi igienico-sanitari inadeguati che non consentono loro di applicare le più elementari misure igieniche per proteggersi dal virus.

 

In Bangladesh il più grande campo profughi al mondo. La pandemia s’è insinuata a Cox’s Bazar, in Bangladesh, dove 855.000 civili Rohingya vivono in 34 insediamenti di fortuna, sono già decine i casi accertati di coronavirus in pochi giorni e quasi 400 i contagi confermati a Cox’s Bazar District, l’area in cui si trova questa grande “metropoli informale”. Qui, oggi vivono circa 40.000 persone, il 40% delle quali risulta malnutrita, e sempre qui - a partire dal 2017 - c’è stato l’impatto con l’esodo in massa della popolazione Rohingya, centinaia di migliaia di civili che hanno attraversato il confine tra Myanmar e Bangladesh, sistemandosi sotto tende e baracche di cartoni e lamiere nei pressi di una spiaggia che si estende per oltre 120 chilometri.

 

La distinzione dei diversi tipi di emigranti.

 

Rifugiati. Secondo la classificazione delle Nazioni unite, il rifugiato è “colui il quale teme, a ragione, di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche e quindi si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”. Principi affermati nell’articolo 1A della Convenzione di Ginevra del 1951.

 

Richiedenti Asilo. Di questa categoria fanno parte coloro che, lasciato il proprio Paese d’origine e avendo inoltrato una richiesta di asilo, sono ancora in attesa di una decisione da parte delle autorità del Paese ospitante riguardo al riconoscimento dello status di rifugiato. Sono attualmente circa 2 milioni di persone, in gran parte residenti in Nordamerica e in Europa. In particolare, negli Stati Uniti, in Germania, in Italia e Turchia. Sono i Paesi che hanno ricevuto il maggior numero di richieste d’asilo nel 2017. godono dell’assistenza dell’UNHCR li nelle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale.

 

Rifugiati rimpatriati. Sono coloro i quali hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni a causa di una minaccia estrema e, quasi sempre, il desiderio è quello di farvi ritorno al più presto, appena le circostanze lo permettano. È questo soprattutto un tratto prevalente fra i profughi siriani. La fase di “ritorno volontario” ha una durata variabile che dipende da molti fattori, raramente però supera i due anni. Una volta che i rifugiati abbiano fatto ritorno nel proprio Paese di origine, l’UNHCR li aiuta – per quanto possibile - a reintegrarsi nel contesto socioeconomico locale, che potrebbe essere molto cambiato rispetto a quando erano stati costretti ad abbandonare il Paese e vigila – sempre nei limiti consentiti - sulla loro sicurezza.

 

Sfollati. Esattamente come i rifugiati, anche gli sfollati interni sono civili costretti a fuggire da guerre o persecuzioni. Tuttavia, a differenza dei rifugiati, essi non hanno attraversato un confine internazionale riconosciuto.

 

Apolidi. Questa è la condizione di chi non puà andare a scuola, non può accedere a cure mediche, non ha lavoro, né quindi un conto in banca, non può acquistare una casa e nemmeno sposarsi. E’ la condizione di una persona che nessuno Stato considera come suo cittadino, al quale non è riconosciuto il diritto fondamentale alla nazionalità né alcun diritto ad essa collegato.

 

Il lessico del Grande Esodo. C’è chi nel cercare le ragioni di un fenomeno planetario come quello dei migranti e dei rifugiati, con tutti gli annessi etico-giuridici dell’accoglienza e dell’integrazione culturale, ha cercato di analizzare anche cosa avviene nel profondo delle coscienze di chi guarda negli occhi un profugo. Per cogliere questo aspetto della questione, tutt’altro che secondario, è sufficiente sfogliare un prezioso libricino, pubblicato da “Minimum Fax”, intitolato “Piccolo lessico del Grande Esodo”, di Fabrice Olivier Dubosc e Nijmi Edres – psicoterapeuta e studioso delle narrazioni individuali e collettive, il primo; mediatrice culturale, arabista, esperta di diritto musulmano e seconde generazioni di immigrati, la seconda.

 

Quel "clic" che innesca il pericolo di perdere qualcosa. Vale la pena dunque riflettere oggi, nella Giornata che si è voluto dedicare ai rifugiati, su cosa si agita davvero in ognuno di noi quando si legge o si guardano immagini di masse umane in movimento. Molto probabilmente succede una sorta di “pericolosa” identificazione quando s’incrociano gli sguardi stanchi e impauriti di quelle persone. Che in fondo hanno le nostre stesse aspirazioni e che – sebbene diversi nell’aspetto – sono spinti da un desiderio di benessere e “persino con i nostri stessi difetti”, come sottolineano Dubosc e Edres nel loro saggio. Quelle presenze sfiorano però forse una parte intima di chi, in questa parte del mondo, si sente protetto. Un “clic” che sprigiona sensazioni di pericolo, come se il profugo in quanto tale “riflettesse la nostra stessa vulnerabilità e, nello stesso tempo, ispiri il timore che qualcosa ci verrà tolto”.

 

Le linee di pensiero che orientano la politica. Insomma, è lungo queste linee di pensiero individuale che alla fine si formano le decisioni politiche nazionali ed europee sull’immigrazione, sulla gestione dei richiedenti asilo, sui processi d’integrazione. Sono temi attorno ai quali ruotano gran parte delle attività delle organizzazioni umanitarie. “Mentre la pandemia di Covid-19 continua a diffondersi in molte aree vulnerabili del mondo – si legge ad esempio in una nota di Azione contro la Fame – va ricordato che le popolazioni rifugiate sono oggi più vulnerabili a causa del virus. In tal senso, gli interventi in loro favore devono essere pienamente integrati nelle risposte sanitarie e socioeconomiche promosse dai singoli Stati”.

 

I minori stranieri non accompagnati. Save the Children, pone invece l’accento sui minori stranieri non accompagnati, in particolar modo dei neomaggiorenni. Nel suo rapporto “Superando le barriere. Percorsi di accoglienza e inclusione dei giovani migranti”, mette in guardia sul pericolo che questi ragazzi diventino invisibili. Ci sono oltre 6 mila minori stranieri non accompagnati nelle strutture di accoglienza italiane nel 2019; quasi mille sono arrivati nel corso del 2020. sono stati “accolti” dalla pandemia, che si è aggiunta al percorso ad ostacoli che devono affrontare per una piena inclusione nel nostro Paese. Ragazzi sospesi in un limbo, come tanti coetanei italiani, senza avere nemmeno una rete familiare di sostegno. I neomaggiorenni poi, in questo periodo, hanno assistito inermi all’improvvisa interruzione dei loro percorsi di inclusione con la sospensione del lavoro o dei tirocini formativi, ritrovandosi privi di risorse economiche e con difficoltà di rinnovo o conversione dei permessi di soggiorno.

 

I due fronti dell'impegno. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, SOS Villaggi dei Bambini ribadisce l'impegno - si legge in una nota diffusa - "verso i migranti e i rifugiati in Italia su due fronti: da una parte, l'accoglienza e l'inserimento sociale di Minori Stranieri Non Accompagnati  e giovani richiedenti asilo; dall'altra, interventi di protezione e integrazione per le famiglie migranti, nuclei composti da mamme con bambini. L'organizzazione apprezza, inoltre, le risposte del Governo e del Parlamento ad alcune importanti richieste sottoposte dal Tavolo Minori Migranti, di cui l'ONG è parte e che lavora per l'attuazione della legge 47, con riferimento al prolungamento dei permessi di soggiorno e della permanenza nelle strutture di accoglienza oltre i 18 anni fino a fine agosto. Rimangono, tuttavia - conclude la nota - alcune preoccupazioni legate all'ambito della presa in carico sanitaria dei minori non accompagnati privi di permesso di soggiorno e dei percorsi di tirocinio e inserimento lavorativo".

 

Etiopia, i rifugiati a Gambella sono 2/3 dei residenti. In Etiopia, 2 abitanti su 5 sono rifugiati. Con la pandemia che minaccia un sistema sanitario già fragile, Medici con l’Africa Cuamm sviluppa un approccio innovativo, per rispondere ai bisogni di entrambi i gruppi. Si considerano i rifugiati particolarmente a rischio per il Covid-19, perché vivono spesso in strutture sovraffollate, dove è difficile garantire misure di igiene minime. A Gambella, una regione particolarmente povera dell’Etiopia, queste considerazioni sono valide per tutti, non solo per i rifugiati. A marzo 2020 - riferiscono i cooperanti di CUAMM - la regione di Gambella ospitava oltre 315.000 rifugiati sud sudanesi: persone che negli ultimi anni sono scappate dalla guerra civile e sono state accolte dal governo etiope, a cui è stata data la possibilità di costruire la propria casa in campi dedicati. Vere e proprie città, sorte in pochi mesi. Ad oggi, la popolazione rifugiata nella regione di Gambella è pari ai due terzi di quella residente e non mancano le occasioni di contatto tra le persone, aspetto che con il coronavirus solleva preoccupazione.

 

Il Festival del Cinema dedicato. La prima edizione online di Biografilm Festival si è chiusa il 15 giugno scorso. Ma in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato indetta dalle Nazioni Unite, il festival torna a proporre un film del programma di quest'anno, per promuovere la cultura dell’accoglienza e riflettere sul valore dell’integrazione. Per tutta la giornata di sabato 20 giugno, sarà possibile vedere online il film We Were Not Born Refugees (No nacimos refugiados) di Claudio Zulian, appena presentato in anteprima mondiale a Biografilm. L'evento è organizzato da Biografilm Festival in collaborazione con WeWorld e con Terra di Tutti Film Festival, con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.