Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 27/07/2020
La bagnante, il profugo e la banalità del male
La bagnante, il profugo e la banalità del male
27/07/2020  | Immigrazione.  

 

ilpiccolo-loghino

 

Poche righe atroci rivelano quanto sia “normale” l’essere incapaci di provare rispetto per l’altro

 

Di Alberto Bollis

 

TRIESTE, 27 luglio 2020 -  «Buongiorno. Voglio fare una segnalazione. Oggi alle 12 sulla terrazza del Bivio di Miramare, in mezzo a noi bagnanti, si è presentato un tipo straniero, probabile profugo, vestito con maglietta e pantaloni lunghi. Si è tolto la maglietta e si è buttato in acqua. Con i pantaloni. E poi era lì, in mezzo ai bagnanti che lo schivavano... Non vorrei che quelli cominciassero a venire anche là! Era senza mascherina ed era anche sporco».

 

Lo scritto qui sopra – atroce – arriva in redazione accompagnato da un “beep” attraverso i messaggi diretti di uno dei social de Il Piccolo, corredato da due foto dell’ “invasore”. Lo firma una lettrice, che potremmo definire una triestina media: mezza età, assidua frequentatrice del selciato barcollano, profilo Fb semplice con qualche appena accennato e un po’ goffo tentativo di incuriosire e piacere. Madre, moglie, sorella, casuale rappresentante di una popolazione tranquilla, dedita ai bagni di sole, agli aperitivi e alle quattro chiacchiere con gli amici. Capace di commuoversi davanti a un gattino che fa le fusa, di postare romantici tramonti densi di riflessi rosati e di controluce. E di mettere nero su bianco, come fosse niente, quella sequela di sostantivi, aggettivi e verbi che rivelano l’abisso di un sentimento razzista, bieco, senza traccia di pietà umana, e – quel che è peggio – inconsapevole. La crudezza di quelle righe, unita alle foto dell’uomo “colpevole” di essere entrato in spazi non suoi, colpisce come un pugno allo stomaco. Siamo di fronte alla banalità del male. Passatemi l’iperbole: ovviamente non Eichmann e i picchi dell’orrore nazista raccontati da Hannah Arendt, eppure il seme di quel sentimento di superiorità e di freddo distacco da un proprio simile, solo contro tutti e evidentemente debole, è lo stesso.

 

Ecco il “diverso” che si avvicina. È “sporco”, ha i “pantaloni lunghi” (lì sono tutti in slip e bikini, che cosa ci fa uno con quelle braghe al Bivio…). Osa spingere i propri passi tra “noi bagnanti”. Viene “schivato” con lo sdegno che si nutre della forza data all’appartenenza a un club di simili, o di un branco. Sguardi in tralice, sopraccigli alzati, frasette mormorate alle orecchie del vicino d’asciugamano e risolini nervosi. Il profugo – perché senz’altro è di questo che si tratta – non fa nulla di male. Non molesta nessuno. Non urla, non disturba, non beve, non fuma. Si tuffa in mare, come tanti, come tutti. Nuota, risale sugli scogli e lì si accoccola ad asciugarsi al sole, guardando in silenzio l’orizzonte. I pantaloni se li è tenuti addosso proprio perché un costume della Sundek o della Speedo non lo possiede, non l’ha mai posseduto, e ha troppa dignità e rispetto per gli altri e per sé per fare il bagno in mutande. «Non indossa la mascherina», sottolinea scandalizzata la donna che scrive al giornale: per fare il bagno? Solo ed evitato da tutti, non ha potuto nemmeno infrangere le regole del distanziamento sociale, a differenza di migliaia di altri bagnanti assiepati l’uno sull’altro lungo la riviera.

 

Osservando le due (belle, tra l’altro) fotografie scattategli dall’autrice della “segnalazione”, io credo che quel povero viandante intento a scrutare lontano pensi alla terra che ha lasciato chissà quante settimane fa, a quante ne ha passate, alla fame, alla sete, alla paura, ai furgoni scassati sui quali è dovuto salire, a quanti chilometri a piedi ha percorso di giorno e di notte nei boschi e nelle radure balcaniche, ai campi profughi e alle baracche in cui ha dormito pigiato accanto ad altra umanità dolente in viaggio come lui verso un futuro “migliore”, verso una nuova vita, verso l’Europa. Trieste, si sa, per i migranti del 2020 è solo una tappa. Il nostro ora sarà già ripartito, diretto a Nord, verso la Germania o la Svezia. Cosa ricorderà, al termine del suo accidentato cammino, di quell’innocuo tuffo a Barcola, tra gente “civile” dalla pelle abbronzata e profumata di creme solari protezione 15 che lo guardava come fosse uno schifoso scarafaggio? Non possiamo saperlo. A noi resta l’amara constatazione di quanto sia “normale” essere incapaci di provare immedesimazione e rispetto per il prossimo.