Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 10/02/2021
Case popolari: incostituzionale richiedere agli stranieri documentazione ulteriore rispetto a quella prevista per gli italiani
Case popolari: incostituzionale richiedere agli stranieri documentazione ulteriore rispetto a quella prevista per gli italiani
10/02/2021  | Immigrazione.  

 

Secondo la Corte Costituzionale sono illegittime le nuove previsione della legge Regionale dell'Abruzzo sull'assegnazione delle case popolari

 

La Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 9 del 12 gennaio 2021 ha dichiarato illegittimi, in quanto "discriminatori" e "irragionevoli", due articoli della legge della Regione Abruzzo sull'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. In particolare, ad essere dichiarata incostituzionale è stata, innanzitutto, la norma che prevede "per cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea di presentare la documentazione che attesti che tutti i componenti del nucleo familiare non possiedono alloggi adeguati nel Paese, di origine o di provenienza". È stata, inoltre, bocciata la norma che prevede un punteggio aggiuntivo per accedere ad un alloggio, basato sull'anzianità di residenza in Abruzzo.

 

La normativa regionale

 

La regione Abruzzo, con la legge n. 34 pubblicata sul B.U.R. n. 156 del 08 novembre 2019 ha introdotto alcune modifiche alla legge regionale 25 ottobre 1996, n. 96 contenente la disciplina per l'assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. In particolare, la legge originaria, nel disciplinare i requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica, prevedeva che l'interessato (inteso come nucleo familiare), a prescindere dalla cittadinanza, non dovesse essere titolare di alloggi in Italia o all'estero e avere un reddito, misurato in base all'ISEE non superiore a una data cifra (euro 15.853).

 

Con la modifica introdotta nel 2019 il legislatore regionale ha previsto, come requisito aggiuntivo per i soli cittadini stranieri la necessità di presentare la documentazione attestante che tutti i componenti del nucleo familiare non possiedono alloggi adeguati nel Paese di origine o di provenienza. Inoltre, sempre a carico dei soli cittadini stranieri è stato previsto l'obbligo di presentare la documentazione reddituale e patrimoniale del Paese in cui hanno la residenza fiscale.

 

Le modifiche apportate dalle nuove norme regionali sono state ritenute dal Governo suscettibili di determinare una disparità di trattamento tra cittadini italiani/comunitari e cittadini non comunitari, venendo richiesta solo a questi ultimi la produzione di documentazione ulteriore per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

 

Nel dicembre 2019 il Consiglio dei Ministri aveva  così deciso di impugnarle, in quanto in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione,  nonché con  l'articolo18 del Trattato di funzionamento dell'unione europea e l'articolo. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

 

La decisione

 

Ad avviso della Corte, l'obbligo, posto a carico dei soli cittadini extra UE, di presentare documenti che attestino la assenza di proprietà immobiliari nei Paesi di origine e nei Paesi di provenienza è "irragionevole per la palese irrilevanza e pretestuosità del requisito che intende dimostrare", in quanto – osserva la Corte – "la circostanza che qualcuno del medesimo nucleo familiare possegga, nel Paese di provenienza, un alloggio siffatto non dimostra nulla circa l'effettivo bisogno di un alloggio in Italia".

 

Oltre che irragionevole, la previsione risulta altresì discriminatoria, in quanto le asserite difficoltà di verifica del possesso di alloggi in Paesi extraeuropei possono riguardare anche cittadini italiani o di altri Paesi dell'Unione europea, i quali invece sono esclusi dall'ambito di applicazione della normativa impugnata.

 

La Corte si è anche pronunciata sulla disposizione che impone ai soli cittadini stranieri di produrre la documentazione reddituale e patrimoniale del Paese in cui hanno la residenza fiscale ai fini della verifica della «condizione economica del nucleo familiare». I giudici, per dare a tale norma un'interpretazione in senso conforme alla Costituzione, osservano come vada intesa nel senso che l'onere aggiuntivo prescritto opera solo se il richiedente (che, per accedere al bando, deve avere la residenza anagrafica in Italia da almeno cinque anni) ha la residenza fiscale in un Paese diverso dall'Italia. Solo in questo caso, infatti, l'obbligo di produzione della prescritta ulteriore documentazione può avere una ragionevole giustificazione, in quanto diretto a dare conto di una condizione reddituale e patrimoniale che, per il fatto di non avere il soggetto interessato la residenza fiscale in Italia, sfugge alle possibilità di controllo delle autorità italiane e in concreto alle verifiche previste dalla normativa in materia.

 

Infine, la Corte Costituzionale si è espressa anche in merito alla scelta della Regione Abruzzo di "sopravvalutare" la durata della residenza in un Comune della Regione, attribuendo un punto all'anno per ogni anno oltre i 10, fino a un massimo di 6. La Corte, ritenendo la questione sollevata fondata, ha rilevato come non sia solo la barriera all'accesso (ovvero, ad esempio, almeno 5 anni di residenza) a creare una distorsione nel sistema distributivo del welfare, ma anche una considerazione sproporzionata dell'anzianità di residenza. Se una persona lungo-residente sopravanza una persona più bisognosa ma con minore anzianità, il sistema – osserva la Corte - è comunque stravolto e il principio della prevalenza del bisogno è comunque violato.

 

I giudici concludono quindi osservando come la normativa riguardante l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sia finalizzata a soddisfare un bisogno della «persona in quanto tale che, per sua stessa natura, non tollera distinzioni basate su particolari tipologie di residenza». 

 

"È il pieno sviluppo della persona umana (art. 3, secondo comma, Cost.) la bussola che deve orientare l'azione del legislatore, sia statale sia regionale, specie quando è chiamato a erogare prestazioni e servizi connessi ai bisogni vitali dell'individuo, come quello abitativo”.Ogni tentativo di far prevalere sulle condizioni soggettive e oggettive del richiedente valutazioni diverse, quali in particolare quelle dirette a valorizzare la stabile permanenza nel territorio, sia nazionale sia comunale, deve essere quindi oggetto di uno stretto scrutinio di costituzionalità che verifichi la congruenza di siffatte previsioni rispetto all'obiettivo di assicurare il diritto all'abitazione ai non abbienti e ai bisognosi".

 

Leggi Corte Costituzionale sentenza n.9/2021