Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 19/07/2021
Nota di ASGI su assegno temporaneo e assegno universale
Nota di ASGI su assegno temporaneo e assegno universale
19/07/2021  | Immigrazione.  

 

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Dopo l’infinito contenzioso che ha riguardato negli anni recenti l’accesso degli stranieri alle prestazioni familiari, anche le nuove disposizioni in materia di “assegno temporaneo” per i figli (per il periodo 1.7 – 31.12.2021: DL 79/21) e dell’assegno unico universale (per il periodo successivo: legge delega 46/21), pur introducendo miglioramenti rispetto al passato, mantengono illogiche discriminazioni, che appaiono in contrasto con il diritto dell’Unione e con i principi costituzionali.

 

In particolare, si segnalano i seguenti punti critici:

 

- L’assegno (sia nel DL 79 che nella L. 46) viene riconosciuto solo ai titolari di “permesso per lavoro o ricerca”: viene quindi utilizzata una formulazione tecnicamente errata che rischia di escludere i titolari di “permesso unico lavoro” ex direttiva 2011/98 ottenuti per ragioni di famiglia e per attesa occupazione.

 

- La dizione inoltre non chiarisce che vengono ricompresi i titolari di permesso per lavoro autonomo, il che appare illogico visto che il nuovo istituto è appunto finalizzato a estendere l’aiuto alla famiglia ai lavoratori autonomi e ai disoccupati.

 

- È richiesto il requisito di 2 anni di residenza, in contrasto con i principi sanciti dalla Corte Costituzionale secondo la quale le politiche sociali devono avere come riferimento il bisogno e non la durata della pregressa residenza (cfr. sentenze 44/2020, 9/2021).

 

- La necessità di temperare questo requisito dà poi luogo ad ulteriori incoerenze: il requisito viene infatti derogato in caso di rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di almeno 6 mesi; l’effetto è che rimangono esclusi dalla possibilità di deroga  i lavoratori autonomi (che possono avere una prospettiva di “stabilità” ben superiore a quella del titolare di un rapporto di lavoro subordinato in una piccola azienda) e  i lavoratori subordinati  con contratti brevi (che spesso, in particolare  nel lavoro somministrato,  si succedono l’uno all’altro dando luogo a lavori di fatto continuativi).

 

Oltretutto, nella fase temporanea, la deroga per i titolari di rapporti di lavoro è davvero inspiegabile perché questi ultimi hanno già diritto ai “vecchi” ANF che non richiedono alcun requisito di lungo-residenza e dunque non hanno alcuna necessità di derogare al requisito dei due anni.

 

- Infine sotto l’assetto delle scelte di politica sociale appare grave e sostanzialmente discriminatoria  la scelta di escludere dal sostegno i figli residenti all’estero che sono invece inclusi nel regime attuale, quantomeno dopo la “correzione” operata dalla Corte UE: se é pur vero che col nuovo regime si passa ad un assegno di natura assistenziale, formalmente svincolato dal versamento dei contributi, resta tuttavia evidente l’ingiustizia per cui i lavoratori migranti (come pure gli italiani che qui lavorano ma hanno i figli all’estero) dovranno contribuire come tutti gli altri contribuenti -tramite la fiscalità generale- all’alimentazione del Fondo per l’assegno unico, mentre buona parte dei loro figli ne rimarrebbe esclusa, e in particolare proprio coloro per i quali le difficili condizioni dell’emigrazione hanno reso impossibile il ricongiungimento  familiare (basti pensare a molte badanti).  La scelta di proteggere la famiglia di chi risiede e lavora in Italia anche ove “dispersa” in più Stati sarebbe quindi non solo giusta, ma anche coerente con la valorizzazione di una migrazione circolare, che mantiene più riferimenti locali sia per i lavoratori nazionali che stranieri, anche in vista di un eventuale rientro in patria; sarebbe quindi equo e dignitoso mantenerla, quantomeno per i lavoratori dipendenti.

 

Si ritiene pertanto che debbano essere apportati i seguenti chiarimenti o modifiche normative:

 

- Chiarire che l’assegno (sia temporaneo che definitivo) è riconosciuto a tutti gli stranieri in possesso di un titolo di soggiorno che consente di lavorare, nel rispetto della direttiva 2011/98, a tutti i titolari di un permesso per lavoro autonomo e comunque ai titolari di un permesso di soggiorno di almeno 6 mesi, in coerenza con il (futuro) nuovo testo dell’art. 41 TU immigrazione (come verrà modificato dalla legge europea in corso di approvazione)

 

- Eliminare il requisito della residenza biennale, posto che il radicamento territoriale dello straniero è già garantito dal titolo di soggiorno.

 

- Ripristinare la inclusione dei figli minori nel nucleo familiare anche se residenti all’estero.