Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 06/12/2022
Flussi migratori, si rischia un 2022 senza quote legali d’ingresso per lavoro
Flussi migratori, si rischia un 2022 senza quote legali d’ingresso per lavoro
06/12/2022  | Sindacato.  

 

 

Malgrado il decreto sia stato preparato mesi fa e sia pronto per la firma e malgrado le ripetute richieste delle associazioni degli imprenditori e le pressioni dei sindacali, l’Esecutivo (precedente e, per ora, quello attuale) continua a rimandare la firma del decreto. Intanto l’unico modo per entrare in Italia e lavorare è farlo irregolarmente, come testimoniano i quasi centomila arrivi via mare ed altrettanti arrivati in mille altri modi.

 

(redazionale) Roma, dicembre 2022 – Mentre l’esame delle domande presentate nell’ambito del decreto flussi 2021 sta per essere completato (su 69 mila quote previste per lavoro, oltre 50 mila sarebbero state approvate) il dispositivo relativo al 2022 continua a rimanere un mistero. Il decreto risulta redatto da molti mesi e pronto per la firma, ma non è stato varato dal precedente governo e non sembra di imminente uscita neanche ora. La Coldiretti ha dichiarato di necessitare urgentemente 100 mila lavoratori per le campagne di raccolta agricola, mentre altre associazioni imprenditoriali (costruzioni, trasporti, commercio e turismo, lavoro domestico e servizi, tra gli altri) lamentano la difficoltà a trovare lavoratori e professionalità adeguate. Per ora però nessuna decisione sembra essere stata presa. Secondo molti esperti è la complessità delle norme e la burocrazia e rallentare le decisioni, in quanto questure, prefetture e centri per l’impiego sono sommersi da centinaia di migliaia di pratiche da cui non riescono ad uscire. E questo malgrado il decreto semplificazioni varato a giugno e che prometteva una velocizzazione delle pratiche. Non è un caso se la procedura di emersione dal lavoro irregolare del 2020 non abbia mai completato l’esame delle 220 mila domande e si sia rivelata un gigantesco bluff. In effetti, finito lo stato di emergenza per il Covid che aveva visto un prolungamento della durata dei permessi di soggiorno, le amministrazioni preposte si sono viste sommerse da milioni di richieste, tra prime domande, rinnovi, emersione, cittadinanza, decreti flussi (ed infine anche emergenza ucraini). Il personale con contratto a termine previsto dalle leggi di bilancio (circa 1200 nel 2021 ed 800 previsti nel 2023) sono certo un aiuto, ma vanno formati e comunque rimangono solo per pochi mesi. Poi c’è la funzione di controllo necessaria da parte della pubblica sicurezza, una funzione che andrebbe maggiormente rafforzata e senza la quale le pratiche non possono essere completate. Il risultato è un ingolfamento generale delle amministrazioni preposte, un allungamento nell’iter di tutte le pratiche ed inevitabilmente il ritardo nell’emanazione di un nuovo decreto flussi. E tutto a discapito delle esigenze del mercato del lavoro e del diritto delle persone, spesso costrette a lavorare con permesso scaduto (o senza permesso) a loro rischio e pericolo.

 

Anche gli stranieri formati – nell’ambito di progetti Fami – sembrano aver sofferto dei mali della burocrazia italiana, se è vero che centinaia di stranieri formati all’estero nel corso di quest’anno non sono mai potuti arrivare per l’assenza del nulla osta concesso dal Viminale. In sintesi: soldi e competenze sprecate.

 

I numeri

 

Per tornare al decreto flussi 2023, quale potrebbe essere il numero di quote d’ingresso programmate, in particolare per lavoro subordinato a tempo indeterminato? Il dispositivo varato ad inizio di quest’anno dal Governo Draghi ha previsto l’ingresso di 69.700 lavoratori di Paesi terzi, di cui 42 mila a carattere stagionale e 20 mila per lavoro a tempo indeterminato. Considerando che l’anno prima la quota di lavoro non stagionale era di soli 5.500 quote, il dispositivo del 2022 si è dimostrato meno timido in questo senso. A giugno scorso, l’ex ministro dell’Interno Lamorgese promise 70 mila quote per lavoro subordinato, oltre ad una fetta da destinare agli stagionali ed un’altra quota per le conversioni dei permessi. Si potrebbe dunque facilmente arrivare – almeno in teoria - a 130/150 mila quote. Con il nuovo governo, però, bisognerà vedere se non si intenda modificare lo stesso impianto del decreto flussi e magari l’approccio politico alla gestione dei flussi migratori. Intanto si parla di moltiplicare gli accordi con i Paesi di provenienza dei migranti, promettendo quote in cambio di rimpatri irregolari. E questo prende tempo.  Inoltre bisognerà tener conto della necessità di semplificare il meccanismo di gestione dei flussi, anche per evitare che i ritardi nell’approvazione delle pratiche non si traduca (come già avviene adesso) in un collo di bottiglia capace di vanificare le richieste del mondo del lavoro.   Vanno evitate infine le campagne ideologiche anti-straniero capaci solo di aumentare diffidenza ed ostilità verso una risorsa di cui abbiamo disperatamente bisogno, a causa della profonda crisi demografica che da anni sta provocando l’invecchiamento della popolazione e un declino che rischia di essere senza ritorno.