Il decreto che sblocca i cantieri e che dovrebbe far ripartire le opere si rivela un semplice bluff da parte del governo che lo utilizza, invece, per colpire e disarticolare il Codice degli Appalti.
Nel decreto non vi è nessuna norma di accelerazione per l'utilizzazione degli investimenti, in quanto nessuna modifica è stata fatta per limitare i tempi dei processi autorizzativi e burocratici (Cipe, Consiglio superiore del lavori pubblici, valutazione di impatto ambientale, ecc.).
Le modifiche al Codice, dal punto di vista della tempistica, non avranno nessun impatto immediato sulle opere bloccate, in quanto interesseranno esclusivamente i nuovi bandi di gara i cui effetti ci saranno, nella migliore delle ipotesi, tra quattro/ cinque anni, ma ancor peggio è che ancora, dopo una discussione di mesi, non esiste un elenco di opere per una effettiva ed immediata cantierizzazione dei lavori.
Lo sblocca cantieri, per come concepito, non è altro che lo strumento per smantellare il Codice dei Contratti negli aspetti più essenziali, che sono la prevenzione e il contrasto alla corruzione e penetrazione delle mafie nel sistema degli appalti pubblici; l'applicazione del principio di concorrenza e trasparenza; la tutela dei diritti dei lavoratori.
Nei fatti si ritorna al criterio del massimo ribasso fino alla soglia di 5.500.000 euro; si accrescono i livelli di discrezionalità aumentando le soglie per l'affidamento diretto e allargando le procedure negoziate senza bando di gara; si aggira la norma del limite del subappalto ed i possibili controlli antimafia, facilitando l’assegnazione dei lavori ai cosiddetti consorzi stabili; si evita anche l'obbligatorietà della terna in fase di gara, persino nelle categorie di lavori più esposte ad infiltrazione mafiosa; si riporta la direzione dei lavori sotto l'ombrello del Contraente Generale compromettendo la trasparenza delle prestazioni essendo contemporaneamente controllore e controllato; di fatto si smantella il ruolo e la funzione dell'Autorità Anticorruzione; non si interviene efficacemente per la riduzione e qualificazione delle stazioni appaltanti.
La Uil esprime dissenso e preoccupazione per un Paese che rimane bloccato nello sviluppo e nella crescita, con il solo risultato di facilitare la corruzione, l’illegalità e lo sfruttamento dei lavoratori. La UIL, oltre ad essere contraria al provvedimento adottato, lo contrasterà in tutte le sedi opportune.
Roma 19 aprile 2019