Il nuovo codice utilizza il criterio delle deroghe per modellare a suo piacimento l'applicazione della norma sull'affidamento degli appalti, generando canali preferenziali senza controlli.
Nella versione originaria, per ottenere un grado di premialità, per le imprese c'era l'obbligo di avere almeno il 30% di giovani, donne, disabili e svantaggiati rispetto al totale della propria manodopera. Oggi, invece, il nuovo codice permette delle deroghe a tale obbligo, a totale discrezione della stazione appaltante.
Per fortuna, il Tar del Lazio, sez.V, con sentenza n. 3873 dell'8 marzo 2023, ha rigettato la deroga al 30%, affermando che tutte le imprese che partecipano all'affidamento di appalti, anche senza attingere a risorse pubbliche, devono rispettare la presenza di giovani, donne, disabili e svantaggiati. Già nel codice degli appalti del 2016, all'articolo 30 comma 1, infatti, era prevista la disposizione che definisce i principi generali dei contratti pubblici, contenente la parità di genere a prescindere dal tipo di risorse utilizzate.
Il nostro sistema produttivo, per crescere, deve puntare su queste figure professionali di lavoratrici e lavoratori e non solo per esigenze sociali, ma anche per rafforzare la competitività delle nostre imprese in un mercato globalizzato.
Sarebbe opportuno che il governo estendesse tale criterio a tutte le imprese attive nel nostro Paese e non lo limitasse alle sole imprese coinvolte nel sistema degli appalti, favorendo nei fatti, e non solo con vuote parole, la buona occupazione proprio a partire dalle giovani donne e dai giovani uomini.
Roma, 30 marzo 2023