La riduzione dell'IRPEF a tre aliquote, così come contenuta nel decreto attuativo della riforma fiscale, è una soluzione totalmente insufficiente a recuperare il potere d'acquisto perso dalle lavoratrici e dai lavoratori dipendenti, dalle pensionate e dai pensionati, i cui redditi sono stati erosi, per un lungo periodo, da un'inflazione a due cifre.
Per i redditi annui lordi intorno ai 15.000 euro, infatti, l'aumento netto mensile dovuto alla riduzione dell'IRPEF, sarà di soli 4 euro. L'aumento sarà di 5 euro per chi ne guadagna 20.000, di 16 euro per chi ne guadagna 28.000 e di 20 euro per chi ne guadagna 35.000.
Certo, la legge di bilancio conferma anche il taglio del cuneo fiscale, fortemente rivendicato dalla Uil con la proclamazione di due scioperi. In questo caso, però, non si tratta di risorse "fresche", bensì di soldi che permarranno nelle buste paghe di gennaio e che, dunque, resteranno allo stesso livello di quelle dei mesi precedenti. Se così non fosse stato, avremmo avuto addirittura la beffa di una riduzione di quei redditi.
Peraltro, entrambe le misure non sono strutturali e resteranno in vigore solo per il 2024. Pertanto, alla fine del prossimo anno, sarà necessario varare provvedimenti che li confermino.
La Uil aveva chiesto la detassazione degli aumenti contrattuali di primo e di secondo livello e una riforma fiscale veramente progressiva che redistribuisse le risorse a lavoratori dipendenti e pensionati, i contribuenti più fedeli al fisco. Queste misure sono assenti, così come manca totalmente una vera lotta all'evasione fiscale, priorità assoluta del nostro Paese.
La decisione della BCE di mantenere elevati i tassi di interesse conferma che l'inflazione non è assolutamente ancora rientrata entro i parametri del 2%. Ecco perché sono più che mai necessarie risorse da destinare ai lavoratori dipendenti e ai pensionati.
Roma, 18 dicembre 2023