Eliminazione della povertà, uguaglianza di genere, promozione dell’occupazione con lavoro dignitoso, a tempo pieno e regolare, contrasto ad ogni forma di violenza, accesso al benessere sociale e alla giustizia, lotta al cambiamento climatico ed ai suoi effetti … sono tutti temi intrecciati in un concetto di “giustizia” che penalizza ovunque soprattutto le donne. Combattere la disuguaglianza materiale e sociale a partire dalle donne favorisce il riconoscimento di tutti i diritti, per chiunque, indipendentemente dal colore della pelle, dalle etnìe, da religione, dal genere.
Non c’è giustizia sociale senza lavoro, senza rispetto, senza pace, senza sicurezza, senza istruzione e sanità, senza cibo e senza casa: vale per ognuno ma vale soprattutto per le donne, ancora troppo sottomesse a regole e tradizioni mortificanti, trattate spesso come proprietà private. Le donne sono la parte di popolazione che si fa carico, gratuitamente, dei lavori più gravosi di cura e assistenza familiare, in tutto il mondo.
Ma non sono considerate “pari”.
Le donne sono la maggioranza della popolazione mondiale, eppure perfino nel nostro Paese sono spesso considerate ancora un soggetto minoritario da “includere”: ancora oggi, infatti, nel nostro Paese non è loro ancora riconosciuto diritto di pari partecipazione alle scelte, agli investimenti, alle politiche, alla rappresentanza.
Le donne lottano sempre e ovunque, proporzionalmente al contesto. Partecipano e contribuiscono al miglioramento delle condizioni di vita sociale e familiare, ma troppo spesso non accedono ai luoghi della decisione. Ci potrà essere una giusta transizione, una economia, una società davvero “giusta” solo se popoli e Paesi accetteranno, favoriranno e riconosceranno la parità delle donne ed il loro pieno contributo allo sviluppo, all’innovazione, alle buone politiche. Perché ogni progresso civile e sociale delle donne è un progresso civile e sociale per l’intera società di ogni Paese.