UIL CAMP
SETTEMBRE 2018
Sindacale
UIL CAMP
di   Giuliano Zignani
 
ll Uil Camp? Una scommessa. E non lo dico in modo provocatorio, ma perché organizzare una tre giorni di formazione per i giovani, a prima vista, poteva sembrare una follia. “Ai giovani, il sindacato non interessa”, afferma qualcuno, “un sindacato che si interessa dei ragazzi? Quando mai”, ribatte un altro. “Il sindacato non sa parlare agli under 40”, incalza un terzo. Bene: non è assolutamente vero! Ora lo posso sostenere in tutta sicurezza. Se ai giovani proponi contenuti solidi, reali, di ciò che li tocca da vicino e parli il loro inguaggio: i giovani ti seguono. E ti seguono davvero, non per finta o per farsi una tre giorni al campeggio. E questo è quanto è accaduto al Uil Camp, un’idea di cui vado davvero orgoglioso. Un passo indietro. Il Uil Camp, di fatto, prende forma un anno fa quando, a settembre, creammo la Uil Giovani proprio per colmare quel gap che, per tanti motivi (un sano mea culpa a volte conviene), si era creato tra noi e gli under 40. In quell’occasione, confrontandomi con loro, ho capito quanto poco ne sapessero di diritti, ma anche doveri, contratti E tutele. Quei ragazzi, se lo conoscono, conoscono un mondo del lavoro 4.0: senza contratti, con il nero che avanza. Insomma, lo sfruttamento.
Una conferma di ciò è arrivata dal caso di Andrea Ramponi, rider bolognese che solo per avere preso un volantino della Uil è stato licenziato in tronco dall’azienda o dovrei dire meglio sconnesso dalla piattaforma per cui lavorava da anni e sempre al top. Inaccettabile. Tanti gli Andrea che lavorano così, subendo. Andrea si è rivolto alla Uil che subito gli ha offerto tutela anche legale. Per la cronaca la causa va avanti. Lo sprone finale, quello che poi ha dato gambe al tutto, sono stati dei numeri. Non quelli del lotto, ma degli iscritti. Nel biennio 2015-2017, la Uil Emilia Romagna ha registrato un incremento di 1.516 iscritti (da 124.695 nel 2015 a 126.211 nel 2017) di cui un buon 50%, spalmati tra le categorie, sono under 40. Pochi, per alcuni; molti per altri tra cui il sottoscritto. Un timido segnale che qualcosa si sta muovendo e a quel qualcosa noi, come Uil, come sindacato dovevamo una risposta concreta; una risposta vera. Ecco il Uil Camp nasce qui. Una sfida e una scommessa: investire sui giovani, significa investire sul futuro, sul nostro futuro come sindacato. Senza di loro, è evidente, il sindacato non potrebbe continuare, in prospettiva, il suo impegno a difesa dei lavoratori e dei pensionati; non potrebbe più impegnarsi per costruire una società più equa, solidale dove anche chi è fragile o in difficoltà ha un suo posto perché non è uno scarto. Per tre giorni, i giovani che ci hanno detto sì, hanno studiato ventre a terra perché noi volevamo dare loro la cassetta degli attrezzi giusta ad affrontare il loro futuro che è anche il nostro. E lo affermo fuor di retorica. È evidente che per ‘insegnare’ ai giovani, era necessario mettere in cattedra persone esperte, che conoscono bene non solo cosa significhi fare sindacato, ma anche come lo si deve fare. Ecco perché ci siamo rivolti al Segretario Generale Uil, Carmelo Barbagallo, al Segretario Organizzativo Pierpaolo Bombardieri, al Segretario Confederale Antonio Foccillo. Ciascuno di loro, con la propria storia e con il proprio sapere, hanno dato un contributo fondamentale alla formazione dei nostri giovani. Una formazione che per dotargli di attrezzi, in primis, utili a loro per il mondo (anche del lavoro) che si trovano ad affrontare. E se poi da questa semina usciranno i futuri sindacalisti della Uil, sarà davvero un’emozione. Perché se ai giovani dai fiducia, loro ti sanno ripagare in pieno. 
 
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