FONDI STRUTTURALI EUROPEI: A SEI ANNI DALL’AVVIO DELLA
PROGRAMMAZIONE RESTANO DA SPENDERE 37,9 MILIARDI DI EURO
Sintesi del Monitoraggio UIL Servizio Lavoro, Coesione e Territorio sulla programmazione e la spesa dei Fondi Strutturali Europei al 30 aprile 2020
Dato freddo ed emblematico: a sei anni dall’avvio concreto della programmazione 2014-2020 restano da spendere ancora 37,9 miliardi di euro (il 71,2% del totale).
Infatti, al 30 aprile 2020, la spesa certificata alla Commissione Europea, tra Programmi Operativi Nazionali e Programmi Operativi Regionali ammonta a 15,3 miliardi di euro (il 28,8%), su un totale di 53,2 miliardi.
È quanto, in sintesi, emerge dal monitoraggio della UIL Servizio Lavoro, Coesione e Territorio sul livello di spesa dei Fondi Comunitari, aggiornato al 30 aprile 2020 sui dati dell’Agenzia per la Coesione Territoriale.
La situazione - commenta Ivana Veronese, Segretaria Confederale UIL - è da vero “allarme rosso” riguardante non solo il Mezzogiorno, ma anche molte Regioni del Centro Nord, come anche i Programmi Nazionali a gestione delle Amministrazioni centrali dello Stato.
A questo punto è importante immettere risorse fresche nell’economia reale: la crisi del coronavirus sta colpendo in modo drammatico il tessuto produttivo e sociale del nostro Paese.
Vi è bisogno di una nuova iniezione massiccia di risorse nei prossimi mesi per tutelare sia il reddito che i livelli occupazionali dei dipendenti e degli autonomi.
Tornado ai dati del monitoraggio - spiega Veronese - le risorse da spendere ammontano a 12,9 miliardi di euro sui Programmi Nazionali e quasi 25 miliardi su quelli Regionali.
Specificatamente per quanto riguarda le Regioni, tra Fondo Sociale Europeo (investimenti sul lavoro conoscenza e inclusione) e Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (investimenti ad imprese, ricerca, ambiente, energia e infrastrutture), in Puglia restano da spendere 5,2 miliardi di euro, in Sicilia 3,7 miliardi, in Campania 3,6 miliardi, in Calabria 1,7 miliardi e nel Lazio 1,4 miliardi.
Mentre per quanto riguarda i Programmi Nazionali gestiti delle Amministrazioni centrali dello Stato, il programma “imprese e competitività” deve spendere ancora 2,4 miliardi di euro, “scuola ambienti per l’apprendimento” 2,1 miliardi, “iniziativa occupazione giovani” 1,6 miliardi, “infrastrutture” 1,3 miliardi, “politiche attive e occupazione” 1,2 miliardi.
Se si guarda il livello di spesa certificata - continua Ivana Veronese - l’Emilia Romagna tra programmi di Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e di Fondo Sociale Europeo (FSE), presenta un livello di spesa certificato pari al 46%, il Piemonte del 38,1%, la Toscana del 37,6%, il Friuli Venezia Giulia del 37,5%, la Provincia Autonoma di Trento con il 34,7%.
In coda troviamo le Marche dove tra FESR e FSE, il livello di spesa certificato si attesta al 22,1%. In Abruzzo al 22,3%, in Umbria al 24,6%, in Sardegna al 26,5% e nel Lazio al 26,6%.
Tra le grandi regioni del Mezzogiorno invece, la Calabria ha rendicontato il 29,3%, la Puglia il 27,1%, la Sicilia il 27,6%, la Campania il 26,9%.
Per quanto riguarda i PON, il programma “iniziativa occupazione giovanile” presenta una spesa certificata che si attesta la 42,8%, “piccole e medie imprese nel Mezzogiorno” al 31,8%, “politiche attive e occupazione” al 27,5%.
Alla luce di questi dati è indispensabile e urgente - commenta Ivana Veronese - mettere in moto tutti i processi per assicurare la velocità della spesa concentrando le risorse su pochi obiettivi.
Al contempo, per evitare che il Gap Nord/Sud del Paese si ampli, si dovranno affrontare e risolvere le debolezze strutturali del Mezzogiorno: cronica carenza in infrastrutture sanitarie e sociali, salvaguardia e consolidamento del tessuto produttivo delle Regioni affinché esso non venga travolto dalla crisi.
Nel Mezzogiorno - conclude Ivana Veronese - servono investimenti immediati e non spalmati nel tempo: per far ripartire il sistema economico, il “Piano Sud 2030” va attualizzato rendendolo da subito operativo.