Dichiarazione della Segretaria confederale UIL, Tiziana Bocchi
Apprendiamo in queste ore che la Corte d'Appello di Bologna - in un'indagine partita nel 2009 nel petrolchimico di Ravenna, che ha contato 78 persone tra operai ammalati o familiari defunti a causa di un'esposizione da amianto - nonostante abbia scritto nelle motivazioni che le morti da mesotelioma siano legate "all'esposizione da amianto durante l'attività lavorativa", ha tuttavia confermato le assoluzioni degli imputati. L'assoluzione è giustificata dall'impossibilità di stabilire, a causa del meccanismo di carcinogenesi, che "la malattia letale possa addebitarsi con assoluta certezza ai singoli imputati", ossia a dirigenti e responsabili di settore via via succedutisi nel tempo.
Così, ancora una volta, le responsabilità per le morti collegate all'amianto restano impunite e si ha di fatto una vera e propria negazione della giustizia. L'amianto nell'azienda di Ravenna era infatti uno dei materiali impiegati quale coibentante nei processi di lavorazione, mettendo quotidianamente a rischio i lavoratori. La difficoltà di accertare quanta e quale esposizione abbia causato la malattia non può prescindere dalla responsabilità dei dirigenti per eventuali omesse tutele di sicurezza nei confronti di lavoratori ammalatisi di patologie connesse all'esposizione ad amianto, in quanto è ormai consolidato, anche nella letteratura scientifica, che ad esposizioni di amianto corrisponde una maggiore e significativa probabilità di sviluppare neoplasie.
Roma, 3 Settembre 2020