“Le morti sul lavoro non fanno differenze: ne sono colpiti i lavoratori dell’edilizia, ma anche braccianti agricoli, operatori dei trasporti e, come accaduto ieri, operai di una fabbrica metalmeccanica”.
È quanto ha dichiarato la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese.
“Ma non solo: muoiono magrebini, lavoratori dell’estremo oriente e lavoratori di nazionalità italiana, immigrati che inseguono un permesso di soggiorno e lavoro e padri di famiglia che sono nostri vicini di casa. Nessuna differenza di sesso, di età, di luogo di lavoro o dimensione di vita. È questa - ha sottolineato Veronese - la vera grande tragedia del mondo del lavoro” .
“E non bastano né i richiami, autorevoli e opportuni, del Santo Padre o del Presidente della Repubblica, né tantomeno le politiche che questo governo mette in atto. La patente a crediti - ha proseguito la sindacalista della Uil - è uno strumento spuntato, gli ispettori del lavoro sono ancora insufficienti per tenere sotto verifica e controllo costante la struttura produttiva del nostro Paese, parcellizzata e squassata dalla logica degli appalti e sub appalti. La precarietà, troppo diffusa ovunque, non consente nemmeno un’adeguata formazione e troppo spesso anche l’azione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendale, di sito produttivo o nel territorio non viene favorita.“
“Serve assolutamente un cambio di passo - ha concluso Veronese - vere assunzioni di responsabilità da parte di tutti i soggetti, un più deciso impegno perché il lavoro serve per vivere, di lavoro non si può morire”.
Roma, 24 ottobre 2024