RECOVERY FUND  - Ivana VERONESE
Audizione - Proposte e riflessioni della UIL
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07/09/2020  Sindacato.  

 

 

INDIVIDUAZIONE DELLE PRIORITA’ NELL’UTILIZZO DEL RECOVERY FUND

AUDIZIONE PRESSO LA COMMISSIONE BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

PROPOSTE E RIFLESSIONI DELLA UIL 7 SETTEMBRE 2020

 

 

La crisi dovuta all’emergenza sanitaria ha portato al pettine i tanti nodi irrisolti che attanagliano il nostro sistema economico ed ha messo a nudo le debolezze strutturali di un Paese che da anni convive con una fase prolungata di bassa crescita, con conseguenze rilevanti sul sistema sociale ed occupazionale.

 

La principale conseguenza di questa bassa e lenta crescita è l’aumento delle disuguaglianze sociali e territoriali e la “prima vittima” è l’occupazione, soprattutto quella giovanile e femminile.

 

Tra le cause delle debolezze annoveriamo l’assenza di politiche espansive dettate dal rispetto dei parametri fissati dall’Unione Europea con il “famigerato” fiscal compact.

 

Ciò ha causato la stagnazione dei consumi, dovute alle incertezze economiche delle famiglie e ad un carico fiscale insopportabile che pesa sui salari e sulle pensioni, unitamente al calo degli investimenti pubblici e all’assenza di una politica industriale.

 

Per questo abbiamo salutato con favore l'accordo raggiunto sul Recovery Fund perché è stato un passo importante per il futuro dell'Europa e perché, dopo anni in cui si è praticata solo austerità, finalmente si mettono in campo ingenti risorse destinate a ricostruire l'economia europea, prostrata dalla crisi pandemica.

 

Occorre, quindi, individuare le aree prioritarie sulle quali intervenire al fine di definire un piano dettagliato degli interventi necessari.

 

Proprio l’altro giorno l’ISTAT ha certificato la diminuzione del PIL pari al 12,8% rispetto al trimestre precedente e del 17,7% nei confronti del secondo trimestre del 2019, dati questi parzialmente mitigati da quelli sull’occupazione che nel mese di luglio fanno segnare una crescita di 85 mila unità su giugno, ma anche e purtroppo una perdita di 500 mila posti di lavoro dall’inizio del lockdown.

 

Il medesimo Istituto Statistico Nazionale, in audizione presso questa Commissione, ha fotografato come gli investimenti pubblici nel nostro Paese abbiano subito un crollo tra il 2010 e il 2019 del 18,9%.

 

Occorre fare in fretta e cogliere questa straordinaria opportunità, perché mai come questa volta il tempo per immettere risorse fresche nell’economia reale è fondamentale.

 

Come UIL abbiamo, da tempo, lanciato l’idea di un “Patto per il Paese”, che coinvolga tutti i soggetti politici e sociali e che rimetta al centro di ogni progetto di sviluppo il valore del lavoro ed il rispetto della persona.

 

Le risorse andranno utilizzate per costruire un Paese più equo, ridisegnare un nuovo modello di sviluppo e garantire il futuro delle nuove generazioni.

 

Il modello di sviluppo e di società che proponiamo non potrà essere la fotografia di quello vecchio, troppo timido e ancorato a prudenziali logiche di austerità.

 

Bensì deve essere un modello che deve contenere proposte per ricercare soluzioni attraverso il confronto ed il dialogo tra le parti sociali, le forze politiche e le istituzioni, per un modello di società più giusta che combatta le disuguaglianze e promuova lo sviluppo economico, sociale ed occupazionale sostenibile.

 

Per fare tutto ciò, oltre ad una volontà condivisa, occorrono risorse e, quindi, investimenti pubblici che, generando fiducia, potranno attrarre anche i necessari investimenti privati.

 

Il piano nazionale per la ripresa e la resilienza deve basarsi sull’idea di costruire un modello di società con una visione strategica di medio e lungo periodo.

 

Per questo il Recovery plan non dovrà contenere la classica “lista della spesa” o peggio ancora limitarsi a raccogliere progetti “riciclati” tra le varie amministrazioni, ma si dovranno prendere decisioni per disegnare una società più equa e giusta.

 

Dobbiamo cogliere l’opportunità dei fondi comunitari del Recovery per ridurre una volta per tutte i divari territoriali che dividono il Paese.

 

A tal fine chiediamo che le risorse destinate a ridurre il divario territoriale Nord-Sud siano superiori alla clausola del 34%, perché solo tornando a far crescere a ritmi intensi il PIL nel Mezzogiorno che può crescere l’intero Paese.

 

La ripresa deve partire da una riforma fiscale mirata ad alleggerire le tasse sui salari e pensioni ad iniziare dalla defiscalizzazione degli aumenti contrattuali ed incentrata sul principio della progressività, unitamente ad investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali.

 

Dobbiamo superare la presunta contrapposizione tra utilizzo delle risorse del Recovery Fund e riduzione delle tasse.

 

Sono mesi che come UIL chiediamo una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.

 

È tempo di assumere decisioni su questo punto lasciando che siano i contratti a definirne le modalità, mentre chiediamo al Governo di sostenere finanziariamente questo percorso, facendo leva sulle risorse europee, per attivare meccanismi di defiscalizzazione o di decontribuzione.

 

Da questo punto di vista il Fondo per le nuove competenze è un primo ma non esaustivo provvedimento per sostenere la riduzione dell’orario di lavoro.

 

Ma nei piani nazionali d ripresa e resilienza si dovrà parlare di modernizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione, di politiche industriali, di università e ricerca, di scuola e di diritto alla salute.

 

A nostro parere, il MES è un‘opportunità che non possiamo permetterci di perdere perché mai riusciremo ad avere a disposizione 37 miliardi per ristrutturare, con efficacia, un settore fondamentale per la nostra esistenza come quello della sanità.

 

Servono investimenti per ammodernare gli ospedali, azioni per rafforzare la medicina di territorio e di favorire la riorganizzazione della rete di servizi sociosanitari.

 

Mentre nel Recovery al primo posto riteniamo fondamentale stimolare la buona azione dell’amministrazione pubblica sia nazionale che locale, con un piano finalizzato ad una forte azione di rinnovamento teso all’efficienza ed all’efficacia della spesa pubblica.

 

Occorre considerare i finanziamenti nella pubblica amministrazione quale politica di precondizione allo sviluppo.

 

L’assenza di investimenti necessari per avviare il processo di ringiovanimento e rafforzamento della pubblica amministrazione, dopo anni di contrassegnati dal blocco del turn over, ha prodotto una pubblica amministrazione “anziana”, in cui l'età media del personale è di 51 anni, con il 16,9% di dipendenti over 60 e appena il 2,9% under 30.

 

Per questo crediamo che sia necessario un grande piano di rigenerazione amministrativa che preveda un piano straordinario di assunzioni, nella pubblica amministrazione sia centrale che locale che vada ben oltre il turn over ed un piano di formazione e aggiornamento degli attuali dipendenti.

 

Importante che in questo piano assunzionale si preveda il reclutamento di alte professionalità, destinate alla gestione di tutte le fasi del ciclo dell’investimento realizzato con i fondi della coesione europea e nazionale.

 

E quando parliamo di rigenerazione amministrativa non possiamo non pensare ad un grande piano di digitalizzazione del nostro Paese.

 

La digitalizzazione deve diventare uno dei principali asset strategici per l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund.

 

Come UIL, insieme all’Eures (Istituto per le ricerche economiche e sociali), abbiamo condotto uno studio sulla Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e sulla competitività del sistema Italia.

 

Da questo studio emerge come il nostro paese risulti ultimo in Europa nell’utilizzo dei servizi di eGovernment.

 

In sostanza, solo il 32,3% dei cittadini utilizza i sistemi telematici per interfacciarsi con la pubblica amministrazione a fronte del 67,3% della media UE.

 

Inoltre, l’Italia si colloca al venticinquesimo posto, con un indice al 43,6% (la media UE è al 52,6%) per quel che riguarda la digitalizzazione dell’economia e della società nel suo insieme e, quindi, per diffusione delle nuove tecnologie.

 

L’altra gamba delle priorità di spesa del Recovery sono gli investimenti verso la Green Economy con interventi che coniughino insieme riassetto idrogeologico, tutela e valorizzazione dell’ambiente e dei territori, infrastrutturazione materiale, sociale e sanitaria, rigenerazione urbana compresi interventi nelle aree interne, transizione energetica verso fonti rinnovabili ed economia circolare, digitalizzazione e copertura di rete per tutto il territorio nazionale, difesa e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, tutela e promozione delle tante varietà enogastronomiche, turismo sostenibile.

 

Dobbiamo affrontare il tema della dispersione idrica, principalmente nel Mezzogiorno, perché questo fenomeno è superiore al 45% e genera un danno in termini economici ma anche ambientali molto rilevante, facendo pagare ai cittadini tariffe idriche per acqua che non ricevono.

 

Nello specifico, sul tema della dispersione idrica è fondamentale sviluppare il tema del ciclo integrato dell’acqua, ossia tutte quelle funzioni attinenti alla captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue.

 

Nel comparto della gestione dei rifiuti urbani, sebbene negli ultimi anni sia cresciuta la raccolta differenziata, la porzione di rifiuti conferiti in discarica rimane ancora molto elevata, soprattutto al Sud.

 

Per questo è necessario chiudere la filiera dei rifiuti, grazie ad una politica di investimento a supporto delle imprese, affinché si realizzi fattivamente il ciclo integrato dei rifiuti, per massimizzare il riutilizzo ed il riciclo recuperando anche energia, abbassando contestualmente il carico fiscale della tariffa sui rifiuti solidi urbani che pesa su famiglie e imprese.

 

Occorre un piano nazionale di bonifica ed il rilancio dei “siti di interesse nazionale” unitamente alla bonifica dell’amianto con una attenzione particolare agli edifici pubblici, a cominciare da scuole ed ospedali.

 

In un momento di fortissima incertezza globale mancano chiare strategie di politica industriale, anche settoriale con la definizione di una strategia di politica industriale più “robusta” e orientata nel medio e lungo periodo e di una governance dedicata, che abbia competenze specifiche per affrontare e, soprattutto, risolvere crisi industriali diverse e che si muova in costante relazione con le parti sociali.

 

Vanno messe in campo risorse e strumenti per sostenere le nostre produzioni di eccellenza che, attraversando più filiere produttive, rappresentano il nostro Made in Italy.

 

Dobbiamo aumentare in modo considerevole gli investimenti in ricerca e innovazione in raccordo con gli obiettivi della nuova Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente.

 

Vi è la necessità di un “Patto per la Ricerca e l’Innovazione” che rafforzi una collaborazione più stretta e realmente sinergica tra mondo della ricerca e sistema industriale.

 

Il Recovery dovrà prestare un’attenzione particolare all’infrastrutturazione sociale che metta in primo piano l’ammodernamento del sistema dell’istruzione, grandi opere infrastrutturali materiali e digitali.

 

E quanto parliamo di investimenti nell’istruzione pensiamo ad un grande piano di ammodernamento e di digitalizzazione delle scuole.

 

Pensiamo ad un piano di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica, al potenziamento dell’edilizia scolastica, alla diffusione di nuovi asili nido e del tempo pieno, al rafforzamento degli ITS soprattutto al Sud.

 

Quanto alla riduzione dei divari territoriali, la fiscalità produttiva di vantaggio è una importante risposta, in quanto la UIL è sempre stata favorevole a questa misura, ad una fiscalità di vantaggio nel Mezzogiorno che colmi il divario produttivo tra le varie aree del Paese, in quanto produrre al Sud beni e servizi ha un costo maggiore per l’assenza di un adeguato sistema di infrastrutture materiali ed immateriali.

 

Tra l’altro oggi, nelle Regioni del Sud, l’IRAP, le Addizionali IRPEF ed il Bollo Auto per effetto dei piani di rientro dal deficit sanitario sono più alte della media del Centro-Nord.

 

Avremmo preferito, che i benefici della decontribuzione fossero calibrati per sostenere l’occupazione di qualità e quindi l’agevolazione fosse limitata soltanto ai contratti a tempo indeterminato.

 

Dobbiamo perseguire con particolare attenzione, nel Mezzogiorno, l’aumento della partecipazione e dell’accesso al mercato del lavoro di giovani e donne.

 

Per questo auspichiamo che nell’ambito del taglio del costo del lavoro nel Mezzogiorno per le donne ed i giovani esso abbia un’intensità doppia.

 

Riteniamo, però, che essa non possa essere esaustiva per dare robustezza al sistema produttivo, occupazionale e sociale del Mezzogiorno.

 

Il Sud ha bisogno di investimenti e di pianificazione progettuale per indirizzare le risorse.

 

Negli ultimi dieci anni la spesa pubblica si è ridotta nelle regioni meridionali e gli sforzi per ridurre il divario in termini di lavoro, servizi, reddito, istruzione e investimenti sono stati modesti e ciò contribuisce ad acuire la fuga di cervelli.

 

È importante, per evitare che il gap Nord Sud del paese si ampli, affrontare e risolvere le debolezze strutturali del Mezzogiorno che sono la cronica carenza di infrastrutture sanitarie e sociali.

 

Occorre, inoltre, salvaguardare e consolidare il tessuto produttivo delle Regioni meridionali affinché non venga travolto dalla crisi.

 

È urgente aggiornare il Piano Sud 2030 tenendo conto dell’emergenza sanitaria, ma puntando a raggiungere gli obiettivi fissati, nonché accelerare gli interventi cofinanziati dalle politiche di coesione europee e nazionali.

 

Così come è necessario un grande piano di opere sulla cosiddetta viabilità secondaria e migliorare la mobilità interna con particolare riferimento al trasporto locale pubblico sostenibile per dare risposte efficienti ai tanti pendolari.

 

Importante affrontare la sfida dimensionale delle imprese e la loro internazionalizzazione, anche attraverso una strategia di politica industriale più "robusta" e orientata nel medio e lungo periodo.

 

Ma gli interventi non si esauriscono soltanto con l’utilizzo delle risorse comunitarie del Recovery.

 

Non dobbiamo dimenticare che a fianco dei 209 miliardi di euro della Next Generation vi sono i finanziamenti previsti dal quadro Pluriennale Finanziario europeo per il 2021-2027, per la politica agricola e, soprattutto, le risorse per la coesione a cui si aggiungeranno le risorse della coesione nazionale tra cofinanziamento e fondo sviluppo e coesione da quantificare con la prossima Legge di bilancio.

 

Come UIL indichiamo al Governo al Parlamento che il cofinanziamento nazionale dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei per il 2021-2027, in continuità con le precedenti programmazioni, raggiunga il 50% per le Regioni meno sviluppate.

 

Pertanto, auspichiamo e sollecitiamo la complementarità degli investimenti che si faranno con le risorse del Recovery con quelle della programmazione 2021-2027, dal momento che i fondi per la coesione europei e nazionali, secondo una prima stima ammonterebbero ad oltre 140 milioni di euro (70/80 miliardi le risorse comunitarie comprensive di cofinanziamento e 73 miliardi quelle nazionali del fondo sviluppo e coesione).

 

A tal fine è importante recuperare per la predisposizione dei piani nazionali di ripresa e resilienza del Recovery lo spirito partecipativo e partenariale che è stato alla base della preparazione dell’accordo di partenariato 2021-2027 per la programmazione delle risorse comunitarie per il 2021- 2027 e che ha visto amministrazioni pubbliche e partenariato sociale ed economico confrontarsi sui temi delle politiche di coesione.

 

Ultimo, ma non meno importante, per quanto riguarda il mercato del lavoro nel nostro Paese rimane fondamentale avviare misure concrete per una crescita qualitativa e quantitativa del nostro sistema produttivo che permetta la creazione di nuove opportunità di lavoro in particolare per i giovani e le donne.

 

Allo stesso tempo vanno implementate rapidamente tutte le misure di politiche attive necessarie per accompagnare la crescita e favorire l’occupazione, avviando un piano straordinario di formazione mirato all’acquisizione di nuove competenze o alla riqualificazione di quelle obsolete.

 

In questo quadro va ripristinato l’Assegno di Ricollocazione per tutte le lavoratrici ed i lavoratori che hanno perso il lavoro e che percepiscono la Naspi e va completato rapidamente il piano di rafforzamento dei nostri Centri per l’Impiego.

 

Infine, grazie alle risorse messe a disposizione del Fondo, va avviata una profonda riforma del nostro sistema di politiche attive che permetta di creare tutte le condizioni per un maggior coordinamento tra centro e periferia implementando interventi innovativi in termini di servizi all’impresa e digitalizzazione.