Premessa
Il sistema fiscale del nostro paese ha certamente necessità di essere riformato dalle fondamenta. Soffre infatti le conseguenze di essere stato concepito nella seconda metà degli anni 60 del secolo scorso (e diventato legge nei primi anni 70), quindi in un mondo totalmente diverso da quello attuale. Anche il tentativo di riforma degli anni 90 è stato successivamente “smontato” seguendo criteri legati ad una visione superata.
Nel tempo l’imposizione fiscale sul reddito delle persone è “fuggita” dall’IRPEF, l’imposta che avrebbe dovuto tassare il reddito complessivo dei contribuenti, per disperdersi in decine di rivoli, cedolari, tassazioni separate, aliquote di favore, deduzioni dall’imponibile, fino ad arrivare, ad oggi, ad un IRPEF la cui base imponibile è al 90% composta da redditi di lavoro dipendente e pensione e il cui gettito deriva al 95% da questi stessi redditi. Di fatto oggi questa imposta, lungi dall’essere applicata sul complesso dei redditi personali, si è ridotta ad essere l’imposta sui redditi fissi. Per questo CGIL, CISL e UIL nelle proprie piattaforme fiscali unitarie, sono sempre partite dall’esigenza di rivedere la base imponibile, di allargarla ricomprendendo al suo interno tutta una serie di redditi oggi esclusi. In mancanza di questo passo fondamentale, ogni riforma o modifica dell’IRPEF diventa una redistribuzione interna al reddito da lavoro e da pensione, e si manterrà ad esempio l’ingiustizia di redditi da lavoro tassati più delle rendite. Una seria riforma fiscale nel nostro paese deve partire da una svolta epocale nella lotta all’evasione fiscale. Senza questa svolta nessuna riforma fiscale può conseguire gli obiettivi di equità e di giustizia.
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