LAVORO  - Ivana VERONESE
Veronese: “L'Italia non è un Paese per mamme”
Veronese_Imagoeconomica_1925220.jpg
11/05/2024  Sindacato.  

 

 

Cosa vuol dire essere donna nel mercato del lavoro in Italia? 
 
Significa, ancora nel 2024, dover fare i conti col fatto che hai figli, vorresti dei figli o sei anche solo potenzialmente in grado di generare dei figli. E questo, al mercato del lavoro, ancora non va giù. 
 
Sulle donne continua a gravare la stragrande maggioranza del carico di lavoro di cura - della casa, dei figli, dei genitori anziani o dei familiari non autosufficienti. Questo a causa di una presenza ancora diffusa e radicata dei ruoli di genere, da una parte, e di un'assenza, o forte inadeguatezza, dei servizi, dall'altra. 
 
 
La scarsa presenza di asili nido pubblici, il loro costo spesso molto elevato, ma anche - e se ne parla troppo poco - l'inesistenza del tempo pieno nelle scuole in ampie aree del Paese e di servizi pubblici durante i periodi di vacanze scolastiche, sono alcuni degli elementi che ci fanno dire che l'Italia, nonostante una certa narrazione che vorrebbe affermare il contrario, non è un Paese per genitori. 
 
E, siccome la genitorialità è, ancora oggi, declinata, culturalmente e di fatto, al femminile, non è un Paese per mamme. 
 
 
Non lo è nei fatti, nell'esperienza di chi madre lo è, tra mille difficoltà, preoccupazioni e, spesso, pesantissime solitudini. Con buona pace degli autori e delle autrici di bonus e mancette. 
 
Con questo nostro studio mettiamo in luce due forti disuguaglianze che caratterizzano l'esperienza lavorativa delle donne nel nostro Paese: il divario occupazionale, che è il più alto di tutta l'Unione Europea, e il divario retributivo, che nel settore privato arriva a superare il 30%. 
 
Tra i tanti fattori che pesano su questo dato così rilevante, un ruolo di primo piano lo ha sicuramente l'incidenza del part-time: il rapporto tra occupate donne in part-time e in full-time è 1:1, mentre per gli uomini diminuisce drasticamente a 1:4. 
 
Ma andiamo a indagare anche i dati relativi a chi un lavoro non lo cerca neanche più. Tra gli inattivi, quelli che dichiarano di esserlo per motivi familiari sono 3 milioni e 478 mila: di questi, il 95,6% sono donne. 
 
Le donne vogliono poter lavorare, vogliono un lavoro che sia dignitoso, equo, sicuro e che valorizzi le proprie competenze e capacità. Vogliono poter scegliere in autonomia se diventare o meno madri e vogliono che, se decidono di vivere l'esperienza della maternità, questa non si ponga in antitesi di fatto con quella del lavoro. Vogliono una società dove uomini e donne possano e debbano essere genitori allo stesso modo: stessi diritti, stessi doveri. 
 
Invece, essere madri a queste condizioni, alle condizioni che le donne vivono ogni giorno sul lavoro, difficilmente può essere qualcosa da festeggiare. 
 
Noi, come UIL, continueremo a fare la nostra parte, dentro e fuori i luoghi di lavoro, perché le donne possano essere chi desiderano, senza dover rinunciare a parti importanti di sé. 
 
 
 
 
Roma, 11 maggio 2024