Speciale 8 marzo
Pari opportunità: dall’infanzia alla società dei grandi…
di A. Soragnese pagina 41
Ho scritto “Adriano Olivetti e il progetto di Comunità Relazioni e ruolo del sindacato comunitario”, giunto alla 2^ edizione e alla 3^ ristampa, nel 2009, a ridosso del IX Congres so Regionale della UIL Piemonte, dopo un lungo lavoro di documentazione.
A quasi sessant’anni dalla scomparsa di Adriano ho sentito la necessità di esporre il punto di vista di un “sindacalista” della UIL, una testimonianza su un imprenditore “atipico”, colto e lungimirante ed un sindacato di partecipazione, altrettanto “sui generis”. Caratteristiche costanti di Adriano furono: la ricerca d’innovazioni di prodotto e processo, un particolare fiuto per le nuove tecnologie, come l’elettronica, la propensione agli investimenti, l’espansione della rete commerciale e la ricerca di nuovi mercati, una strategia industriale basata sulla crescita e sullo sviluppo.
Nel 1959, con un investimento iniziale di 8,7 milioni di dollari, l’Olivetti acquisì il 35% del capitale dell’americana Underwood, che produceva macchine da scrivere dalla fine dell’ottocento.
Nel 1960, l’azienda d’Ivrea, con la fusione tra Olivetti Corporation of America ed Underwood, avrebbe controllato il 69% della nuova società.
Coerente con le volontà paterne e con le sue convinzioni sugli ingredienti per lo sviluppo, nel 1952, nel pieno di una grave crisi industriale, Adriano scelse di non licenziare le maestranze e di fronteggiare le difficoltà utilizzando, da un lato lo strumento della riduzione dell’orario di lavoro e, dall’altro, quello della riduzione del prezzo delle macchine da scrivere.
Tutta la sua esistenza testimoniò la capacità di fondere tanti elementi: il suo essere imprenditore e la passione politica, le convinzioni umanistiche ed il gusto per il bello.
Puntò alla creazione di nuovi prodotti e all’apertura di nuovi mercati, favorì la diffusione della musica e dell’arte, anche nella pausa pranzo di operai, quadri e dirigenti, fece costruire case per le maestranze e asili nido per i figli, colonie alpine e marine in cui i ragazzi potessero soggiornare e giocare senza differenze, si adoperò per la costituzione di un fondo sanitario aziendale e garantì l’assistenza medica per curare persino i melanconici e i depressi.
Attraverso l’attività editoriale, Adriano cercò il confronto diretto con il mondo della produzione di idee, che tanto agisce sulle menti e sulle anime delle persone.
Gli intellettuali delle Edizioni di Comunità ebbero il compito di segnalare gli autori che rappresentavano le maggiori novità del pensiero europeo ed internazionale e scelsero i saggi, che sarebbero poi diventati, sotto forma di libri, veri e propri classici del pensiero contemporaneo.
Oltre a ricostruire la biografia di Olivetti, il libro ha inteso illustrare la crescita culturale ed economica di una Comunità fondata sui valori del lavoro, ma anche la grande aspirazione di Adriano: conciliare lo sviluppo e gli insediamenti produttivi salvaguardando l’ambiente e valorizzando il territorio. Un’idea che, alla luce delle problematiche derivate dalla globalizzazione, dimostra la sensibilità e l’esercizio della responsabilità sociale dell’impresa di Adriano Olivetti, il quale aveva intuito l’importanza della permanenza delle persone nei piccoli centri e la salvaguardia di quella cultura contadina che oggi, purtroppo, si sta dissolvendo.
Trattare questi argomenti nel corso e sotto gli effetti della gravissima crisi economica “esplosa” nel 2008, rappresenta un’occasione storica per riflettere su un nuovo modello di sviluppo e sulle misure utili a mantenere il radicamento nel territorio delle persone e delle imprese, contrappeso a quel “villaggio globale” veicolo di opportunità, ma anche di seri rischi per il patrimonio delle identità locali.
Data la vastità degli argomenti a cui fa riferimento il testo, nella seconda parte del mio lavoro ho posto l’attenzione sul rapporto tra Adriano Olivetti e il sindacato comunitario, tra quest’ultimo e l’Unione Italiana del Lavoro che si pone, non casualmente, all’origine e al termi- ne della parabola esistenziale di Comunità di Fabbrica, denominata in seguito Autonomia Aziendale.
Ci fu chi definì il sindacato comunitario “giallo”, ma tale non poteva essere perché Adriano non fu il classico “padrone”, in quanto garantì un grande rilievo alle esigenze delle persone, alle loro necessità e aspettative di istruzione, giustizia e libertà, incentivandone il coinvolgimento e il contributo.
Bisogna trarre insegnamenti dalle vicende di quegli anni per porre al centro di un nuovo sistema economico le persone e le loro capacità, la ricerca di giustizia, equità sociale e, allo stesso tempo, di una corretta competitività.
È importante sottolineare anche il significato del percorso sindacale, corredato da un ricco carteggio e da accordi che portarono alla confluenza di Autonomia Aziendale nella UIL, manifestando l’orgoglio per aver preso parte a una fase importante, che merita di essere valorizzata.
Ciò che troppo frettolosamente fu definita utopia, viene oggi considerata da molti visione anticipatrice degli avvenimenti.
Senza dubbio Adriano Olivetti fu un grande industriale e una sorta di profeta, ma anche un sognato- re. Le sue azioni e i suoi propositi interruppero, per diversi anni, il grigio corso degli eventi, disegnando scenari che non si sarebbero totalmente realizzati, perché troppi uomini, spesso vincolati e appagati da certezze consolidate, non osano sfidare, ricercare e sperimentare nuove vie e soluzioni.
Oggi il riformismo dovrebbe riprendere il percorso interrotto, ritrovando la sua funzione storica e rinnovando le sue radici, spesso rappresentate da minoranze proiettate verso il futuro. “Adriano Olivetti e il progetto di Comunità” ha voluto e vuole dare un contributo e una speranza in tal senso.
A fine giugno 2018, “Ivrea Città Industriale del XX Secolo” è stata inserita, nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Si tratta del riconoscimento di una concezione umanistica del lavoro propria di Adriano Olivetti, nata e sviluppata dal movimento Comunità, in cui il benessere economico, sociale e culturale dei collaboratori è stato considerato parte integrante del processo produttivo.
*Segretario Generale UIL Piemonte