Sindacale
L’evoluzione dei Fondi Sanitari Integrativi
di Domenico Proietti pagina 12
“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi difronte al dilemma: arrendersi o perire”.
Queste, le parole con cui Sandro Pertini, membro dell’esecutivo del Comitato di Liberazione Nazionale dell’alta Italia, via radio, annunciò il 25 aprile del 1945 l’insurrezione per la liberazione di Milano dai nazifascisti dopo che era già avvenuta in gran parte del Nord Italia. Una momento storico che ha segnato una grande svolta per il nostro Paese dopo uno dei periodi più bui: il 25 aprile 1945 si è posto ufficialmente fine al regime fascista grazie alla lotta dei partigiani e al supporto degli Alleati e segnava anche il finire della Seconda Guerra Mondiale.
Ed è in questa data che, dal 1949, convenzionalmente si festeggia la “festa della Liberazione” anche detta “anniversario della Resistenza”. È stato così già dal 1946, dopo una decisione dell’allora governo provvisorio, il primo guidato da Alcide De Gasperi e l’ultimo del Regno d’Italia, con cui si stabilì mediante decreto che il 25 aprile dovesse essere “festa nazionale”. La data fu fissata però in modo definitivo con la legge n. 269 del maggio 1949.
Il 25 aprile è stata presa quale data simbolica. I combattimenti tra forze nazifasciste, gli Alleati e le brigate partigiane, in realtà, continuarono anche qualche tempo dopo, ma tale giorno coincise con l’inizio della ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della Repubblica di Salò, dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città.
Finalmente l’Italia era libera, finalmente l’operato della resistenza e del Comitato di Liberazione Nazionale aveva dato il risultato per cui si erano tanto battuti e per cui molti avevano dato la loro vita. Mussolini quella stessa sera scappò da Milano dirigendosi verso Como per poi ripartire verso la Svizzera dopo un paio di giorni, ma venne fermato a Musso dai partigiani della 52esima Brigata Garibaldi che giustiziarono lui, la sua amante Claretta Petacci ed altri gerarchi fascisti, esponendo poi i loro cadaveri in Piazzale Loreto a Milano, proprio lì dove, qualche anno prima avvenne un eccidio nazifascista ai danni di patrioti italiani.
Era finita! Il duce, la Repubblica di Salò e quindi gli ultimi brandelli del fascismo in Italia erano stati sconfitti. Il nostro Paese era stato oppresso sotto la dittatura per tanto, troppo tempo: ben vent’anni. Senza i partigiani e tutti coloro che hanno sostenuto la loro azione combattendo al loro fianco, non avremmo mai ritrovato quei valori che oggi sembrano scontati (ed a volte purtroppo nemmeno tanto) e su cui si fonda la nostra società odierna: la democrazia e la libertà.
Sono motivazioni, quelle che hanno spinto il popolo a ribellarsi, che vanno sempre ricordate e trasmesse alle generazioni future, perché per quanto la dittatura, l’oppressione e il fascismo sembrino lontani ed ormai estranei ai valori che, oggi invece, accomunano il nostro tessuto sociale, sono stati vissuti solo 74 anni fa. E sono stati i nostri nonni o i nostri padri a combattere quelle battaglie nelle quali hanno perso, o hanno visto perdere la vita ai loro compagni in stragi come quelle di Marzabotto o delle Fosse Ardeatine a Roma, per difendere, anzi, riacquistare la libertà e la democrazia.
I valori e gli ideali sottesi, devono costituire sempre un faro che faccia da guida alla nostra società e soprattutto alla classe politica che ci rappresenta. Non dimentichiamo che è da avvenimenti come questi che sono nati i principi ispiratori degli articoli della nostra Carta Costituzionale come si evince dalle famose parole di Piero Calamandrei pronunciate in un discorso a Milano ad un gruppo di studenti:
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione”.