Napoli simbolo delle crisi industriali in Italia
OTTOBRE 2019
Approfondimento
Napoli simbolo delle crisi industriali in Italia
di   Rocco Palombella

 

 

Quello che sta avvenendo nello stabilimento Whirlpool di Napoli è frutto di una scelta scellerata e irresponsabile della multinazionale americana, agevolata dall’inconsistenza e mancanza di efficacia da parte di un Governo che non concretizza le parole di solidarietà indirizzate ai 420 lavoratori a rischio. Una situazione che non può essere giustificata in nessun modo, dopo che l’azienda il 25 ottobre 2018 ha firmato un accordo con le organizzazioni sindacali e il ministro Di Maio presso il Mise, che prevedeva 250 milioni di euro di investimenti nel triennio 2019-2021 e, nel caso di Napoli, si erano programmati 17 milioni e il rilancio della produzione. Un atteggiamento aggressivo, rigido e irrispettoso che continua da mesi, da quel 31 maggio quando, a pochi mesi dall’accordo, l’Amministratore Delegato Luigi La Morgia, dichiarò la chiusura dello stabilimento di Napoli perchè il mercato delle lavatrici di alta gamma era in crisi e il sito non era più sostenibile economicamente. Un atto gravissimo e unilaterale che noncurante dell’impegno preso nell’ottobre 2018, si protraeva e si rendeva ancora più disdicevole, con la presentazione di un investitore, senza nessuna credibilità economica e industriale, che sarebbe subentrato nel processo di reindustrializzazione. Una start up con meno di 200mila euro di capitale sociale, con soci con un curriculum tutt’altro che lusinghiero, con prospettiva industriale e occupazionale che non aveva basi con la realtà ed essere positiva per il futuro dei lavoratori di Napoli. Per avere una panoramica generale sulla situazione di Napoli, come si è arrivati a questo punto si deve partire dal dicembre 2014 e ripercorrere tutti i passaggi più salienti e importanti avvenuti negli ultimi cinque anni.
 
 
Whirlpool acquista Indesit nel 2014 Una storia industriale che ha un suo passaggio fondamentale nel dicembre 2014 con l’acquisizione da parte della multinazionale americana della Indesit, storico marchio della famiglia Merloni, per un investimento totale di circa 800 milioni di euro. Un’integrazione industriale tra Whirlpool e Indesit che trova il suo punto di volta nell’accordo del 24 luglio 2015 a Palazzo Chigi, dopo cinque mesi di trattative, tra i rappresentanti della multinazionale e le organizzazioni sindacali, alla presenza del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il Ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi, il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova e Presidenti delle Regioni interessate dai siti. Un’intesa che scongiurava i 2060 esuberi annunciati e assegnava una nuova missione produttiva a tutti gli stabilimenti italiani. Un accordo che, prima di essere accettata dalle organizzazioni sindacali, è stato sottoposto al referendum tra i lavoratori interessati che con oltre l’80% di voti favorevoli confermarono la bontà del lavoro svolto dai loro rappresentanti, trovando il miglior accordo possibile nelle circostanze date.
 
 
Piano industriale 2015-2018 L’accordo prevedeva un investimento di 513 milioni di euro nel periodo 2015-2018, con l’impegno di non licenziare nessun lavoratore fino al termine del piano industriale, operando trasferimenti volontari incentivati tra uffici e stabilimenti sul territorio italiano, applicando la ricollocazione e riqualificazione professionale in particolare del personale impiegato. Inoltre Whirlpool assumeva l’impegno formale, al fine di ridurre il personale senza ricorrere al licenziamento, di utilizzare ammortizzatori sociali conservativi, quali la cassa integrazione e i contratti di solidarietà, oppure anticipando il Trattamento di fine rapporto a coloro che avessero accettato di essere collocati in Cassa integrazione o favorendo una mobilità volontaria o finalizzata alla pensione incentivata. Per quanto riguarda i singoli stabilimenti italiani, l’accordo prevedeva per Carinaro (Caserta) la costituzione del Polo Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) di ricambi e accessori, con un’occupazione di 320 lavoratori per un investimento di 8 milioni di euro. Per Teverola (Caserta) la multinazionale si impegnava a trovare un acquirente per mantenere le opportunità occupazionali, poi trovato nel marzo 2017 con il gruppo Seri per la produzione di celle al litio per accumulatori elettrici con un investimento di circa 40 milioni di euro e la garanzia per 75 posti di lavoro entro il settembre 2018. Attualmente sono occupati solamente 15 su 75 e la produzione stenta a decollare. Per lo stabilimento di None (Torino) fu decisa la cessione in continuità alla società piemontese Mole ma con la possibilità data ai lavoratori di optare per il trasferimento agevolato ad altra sede della multinazionale americana o accedere ai percorsi di uscita incentivata.
 
 
A Cassinetta (Varese) si prevedeva il consolidamento del Polo Emea per l’incasso, con la produzione di forni, frigoriferi, microonde e con un incremento occupazionale di 160 persone. A Melano (Ancona) vennero trasferiti i lavoratori e la produzione in forza nel vicino stabilimento di Albacina (Ancona), oltre a un  rientro di produzioni dall’estero per dare maggior slancio all’attività industriale e diventare l’unico Polo Emea per i piani cottura. Per Napoli era prevista la missione produttiva come Polo Emea delle lavartrici di alta gamma, mentre Siena diventava Polo Emea di produzione dei congelatori orizzontali e Comunanza (Ascoli Piceno) Polo Emea per le lavasciuga e centro produttivo di lavatrici a carica frontale. Infine il piano prevedeva un centro direzionale a Rho-Pero (Milano) che accorpasse gli uffici presenti nella provincia milanese con 800 dipendenti e un altro a Fabriano (Ancona) con circa 600 lavoratori. Insomma un accordo che proiettava l’Italia come area strategica nella Regione Emea per Whirlpool, con importanti investimenti economici per le attività produttive in tutti gli stabilimenti italiani. La multinazionale americana, leader mondiale nel mercato degli elettrodomestici, nel 2015 aveva oltre 98mila dipendenti nel mondo, e secondo il suo presidente Emea Esther Berrozpe “con l’acquisizione di Indesit abbiamo raddoppiato la nostra dimensione passando da 2,5 miliardi di dollari di fatturato a 5,6 miliardi”. Quindi ottimi risultati a livello globale con un fatturato complessivo di 21 miliardi di dollari e 65 milioni di prodotti venduti. Un inizio incoraggiante che però abbiamo sempre voluto monitorare da vicino, organizzando degli incontri periodici con la proprietà per avere aggiornamenti rispetto agli impegni presi. Con alcune problematiche, dovute anche alla complessità del processo di integrazione tra Whirpool e Indesit, oltre a criticità specifiche, come nei stabilimenti della Campania, il piano industriale è andato avanti con la realizzazione di gran parte degli interventi previsti.
 
 
Le criticità più importanti si riferivano principalmente ai tempi incerti della riconversione dello stabilimento di Carinaro, con conseguente rischio per i livelli occupazionali stabiliti dall’accordo, e anche ai bassi volumi di produzione negli stabilimenti di Siena e Napoli. Nel giugno 2017, durante un in contro tra le organizzazioni sindacali, il coordinamento nazionale e i vertici aziendali del Gruppo Whirlpool, ci viene illustrato come il secondo semestre del 2016 e il primo trimestre del 2017 abbiano registrato grandi difficoltà di mercato e dati negativi rispetto ai volumi. Una tendenza che si era invertita nel secondo trimestre, con un aumento delle vendite e un rialzo dei volumi produttivi, tranne che per Siena e Napoli dove avevamo forti preoccupazione per le basse quantità e chiedemmo, qualora fosse proseguito il periodo negativo, delle diversificazioni produttive per consolidare la prospettiva di medio-lungo termine prevista dal piano industriale. Una leggera flessione si era registrata anche negli stabilimenti di Cassinetta e Comunanza ma con una tendenza positiva per il proseguo dell’anno.
 
 
Il 25 ottobre 2018 al Ministero dello Sviluppo economico, presenti il Ministro Luigi Di Maio, i Presidenti delle Regioni interessate, vertici di Whirlpool e i rappresentanti sindacali è stato siglato l’accordo per il piano industriale per il periodo 2019-2021. Una programmazione industriale che voleva rendere effettiva la fusione con Indesit e la semplificazione della struttura societaria, anche alla luce dell’andamento del mercato degli elettrodomestici che aveva visto un calo della domanda proveniente dalla Gran Bretagna, regione chiave per Whirlpool, oltre alle conseguenze dovute all’inizio del processo di Brexit e la crescita del prezzo delle materie prime. Alla base del nuovo piano industriale quindi c’è la continuità degli interventi previsti dal precedente, con la realizzazione di tutti gli impegni non rispettati per il periodo 2015-2018. L’azienda ribadiva il ruolo centrale dell’Italia rispetto alle strategie per l’area Emea, un rinnovo dell’assetto industriale insieme a una solida strategia commerciale con un importante piano di investimenti pari a 250 milioni di euro nel triennio. Nel nuovo accordo era previsto anche il prolugamento della Cigs fino al 31 dicembre 2020 per gestire le eccedenze, oltre ad altri strumenti di ammortizzatori di natura conservativa, con nessun lavoratore in esubero e il ritorno di produzione da stabilimenti esteri. Quindi una conferma e un incremento della presenza della multinazionale americana in Italia, un piano di investimenti importante che portasse e promuovesse ulteriore specializzazione delle missioni assegnate a ogni sito industriale. In particolare lo stabilimento di Cassinetta veniva confermato come polo Emea dei prodotti da incasso per le categorie frigoriferi, forni e microonde per un investimento totale di 47 milioni di euro nel triennio.
 
 
Per Melano si confermava il Polo Emea per la produzione di piani cottura con la previsione di 24 milioni di investimento, a Siena si rinnovava come Polo Emea per la produzione di congelatori orizzontali con un impiego di 9 milioni per garantire l’incremento produttivo e Comunanza si attestava come Polo Emea per la produzione di lavasciuga e lavatrici a incasso, con un rientro delle produzioni dagli stabilimenti in Polonia, ed eranon previsti 19 milioni di euro per il triennio. Inoltre per Napoli si confermava la sua missione produttiva a livello Emea di lavatrici di alta gamma, con trasferimento di produzioni dal sito di Comunanza ed erano previsti 17 milioni di investimenti per il periodo 2019-2021. Infine a Carinaro si proseguiva nel processo di reindustrializzazione e con la sua missione produttiva di Polo Emea per i ricambi e accessori. Il 10 dicembre 2018 presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è stato sancito un accordo per quanto riguarda l’orario di lavoro e gli strumenti di ammortizzatori sociali di natura conservativa da mettere in campo per realizzare il piano industriale 2019-2021. Nello specifico si decise che la riduzione media/massima dell’orario di lavoro pari al 60% su base mensile, articolata diversamente in base alle esigenze funzionali, alle attività coinvolte e tenendo presente l’organizzazione del lavoro. Nell’accordo era previsto anche l’impegno da parte del governo di accompagnare il piano di sviluppo industriale attraverso lo strumento della cassa integrazione straordinaria fino al 31 dicembre 2020. Si prevedeva anche l’accesso al contratto di solidarietà di un numero massimo di oltre 4mila lavoratori e un ricorso alla più ampia rotazione possibile tra i dipendenti.
 
 
I contratti di solidarietà, con decorrenza dal 1 gennaio 2019, avevano durate differenziate e articolate in base allo stabilimento, in particolare nel caso di Napoli si era previsto un termine per il 6 aprile 2020. Dopo pochi mesi dall’accordo, il 17 maggio 2019, in mancanza di risposte alle richieste di confronto che abbiamo inviato all’azienda, richiamando agli impegni nel piano che prevedeva verifiche periodiche sull’applicazione dello stesso sia in sede territoriale che nazionale, insieme a Fim e Fiom dichiarammo la nostra preoccupazione per il silenzio dell’azienda e per il forte calo dei volumi produttivi, oltre alla mancata chiarezza sulla tenuta di alcuni stabilimenti. In particolare parlammo della situazione di Napoli dove la mancata applicazione dell’accordo e il rifiuto da parte dell’azienda ad un confronto territoriale ci induceva a temere il peggio. Notizia negativa che ci venne annunciata dai vertici di Whirlpool il 31 maggio durante una riunione avvenuta al Ministero dello Sviluppo economico. Riconversione e cessione dello stabilimento di Napoli e 420 lavoratori a rischio. Mercato delle lavatrici di alta gamma in grave difficoltà e mancanza di condizioni economiche vantaggiose per il proseguio dell’attività industriale.
 
 
Ritenemmo da subito inaccetabile quanto dichiarato dall’azienda, dopo pochi mesi dalla firma di un accordo che impegnava la multinazionale fino al 2021 e che prevedeva per Napoli 17 milioni di euro. Una decisione che offendeva quattrocento famiglie, un intero territorio già duramente provato dalla crisi e dalla disoccupazione, peraltro violando un accordo di pochi mesi prima in cui si impegnava a non chiudere nessuno stabilimento e licenziare nessun lavoratore. Iniziammo da quel giorno un periodo di mobilitazioni, sciopero e lotta con ogni mezzo che avevamo a disposizione. Una situazione che andava man mano che passavano i mesi sempre più peggiorando, facendo vedere all’orizzonte solamente il licenziamento dei lavoratori e desertificazione industriale. L’azienda nei numerosi incontri al Ministero dello Sviluppo economico, inizialmente sembrava voler tornare sui propri passi, o comunque voler rivedere il suo piano di dismissione dello stabilimento napoletano. Poi, complice anche la crisi governativa di agosto, e con un impegno della maggioranza ritenuto insufficiente dall’azienda, ovvero lo stanziamento di 16,9 milioni di euro previsti dal decreto legge Imprese per il biennio 2019-2020, la situazione è precipitata, con l’irrigidimento dell’atteggiamento della multinazionale e una serie di atti che hanno mancato di rispetto ai lavoratori e al governo italiano.
 
 
Prs e l’inconsistenza del piano industriale L’azienda, nel corso delle ultime settimane, ha sempre confermato la sua volontà di garantire la continuità industriale dello stabilimento di Napoli attraverso un processo di reindustrializzazione che garantisse gli attuali livelli occupazionali. Unica via per il rilancio industriale di quell’area. Il nome dell’acquirente è stato reso noto dall’azienda solamente il 19 settembre in un incontro al Ministero dello Sviluppo economico, dopo che erano usciti numerosi articoli giornalistici che descrivevano l’assetto societario del nuovo acquirente. La società si chiama Prs, Passive Refrigerations Solutions, è una start up che ha sede a Lugano, in Svizzera, e nell’assetto societario vede diversi azionisti tra cui Alberto Ghiraldi,  imprenditore già in società che si occupavano di tecnologia di refrigerazione passiva, Giovanni Battista Ferrario, ex manager di Italcementi e Pirelli, Secondo Pradella e Rodolphe Schmid nella carica di Presidente. Rispetto al primo azionista, Alberto Ghiraldi, le cronache giornalistiche non ne parlano in modo lusinghiero per le sue avventure societarie tutt’altro che lusinghiere, con il fallimento nel 2017 della sua Nomos che aveva 5 dipendenti e di cui era presidente e amministratore delegato. Una piccola azienda attiva nel settore della refrigerazione e conservazione degli alimenti e che aveva sviluppato una tecnologia innovativa, la refrigerazione passiva, che consentiva il trasporto e la conservazione, in regime di temperatura controllata, di prodotti deperibili quali ortofrutta, carni, prodotti caseari e ittici. Il 20 settembre scorso, in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, il Presidente della start up svizzera, Rodolphe Schmidt, ha delineato più chiaramente le caratteristiche economiche e industriali di questo nuovo investitore interessato ad acquisire lo stabilimento di Napoli. Rimasi attonito, incredulo e molto irritato nel leggere che possedevano il 30% di uno stabilimento in Cina che produce container refrigeranti, che il capitale sociale fosse di 182 mila euro e che già alla fine del 2018, mentre Whirlpool firmava il nuovo piano industriale al Mise, era iniziata la trattativa per l’acquisto del sito di Napoli.
 
 
Inoltre Schmidt dichiarò che vi erano delle difficoltà economiche per la mancanza di risorse per poter avviare da subito la produzione che avrebbe visto il suo avvio solamente nel 2021 con un’occupazione massima, in base all’andamento del mercato, di 300 lavoratori. Quindi rimanevano fuori, nella migliore delle ipotesi, oltre cento lavoratori e comunque tutti non sarebbero rientrati a lavoro prima di due anni. Una situazione intollerabile e insostenibile dopo pochi mesi dalla firma di un accordo che prevedeva zero esuberi e 17 milioni di investimenti in tre anni per Napoli. Le dichiarazioni del Presidente di Prs vennero subito smentite dall’altro azionista, Giovanni Battista Ferrario, che tentò di dare maggiori garanzie sulla credibilità della società e del suo progetto industriale dicendo che erano in corso interlocuzioni con possibili partner e che il mercato dei container refrigerati è in grande espansione negli ultimi anni. Inoltre aggiunse che erano previsti investimenti da 24 milioni di euro, senza spiegare bene da dove arrivassero, destinati all’acquisto di macchinari e attività di ricerca e sviluppo. Smentite che arrivavano anche dall’Amministratore delegato di Whirlpool, Luigi La Morgia,  che garantiva sulla bontà del progetto industriale di Prs, sulla sua solidità economica e sul futuro occupazionale per tutti i lavoratori di Napoli. Un piano industriale che non è mai stato presentato ma del quale non ci interessa nemmeno sapere le prospettive, vista la mancanza di caratteristiche economiche e industriali tali da garantire un futuro occupazionale a tutti i lavoratori del sito di Napoli. Un bluff per mascherare la chiusura di uno dei più importanti stabilimenti del gruppo e una mancanza di volontà nella ricerca di un investitore che abbia reali capacità economiche e industriali per garantire futuro ai lavoratori di Napoli. Mentre la multinazionale americana si irrigidiva sempre di più sulle sue posizioni, rimanendo ferma sul suo aut aut, o la riconversione industriale garantita da una start up svizzera senza nessuna credibilità o la chiusura dello stabilimento dal 1 novembre, abbiamo organizzato numerose manifestazioni, mobilitazioni e assemblee a Napoli e non solo.
 
 
Manifestazione nazionale e incontri istituzionali Il 4 ottobre a Roma c’è stata una bellissima manifestazione, molto partecipata a cui erano presenti oltre mille persone, anche dipendenti degli altri cinque stabilimenti della Whirlpool in Italia. Centinaia di persone che volevano portare la propria solidarietà ai colleghi napoletani ma allo stesso tempo erano anche preoccupati per il loro futuro perchè vedevano questo atto unilaterale come l’inizio di un progressivo e inesorabile ridimensionamento di Whirlpool in Italia con il rischio concreto per il loro futuro occupazionale. Una manifestazione pacifica, civile ma allo stesso tempo compatta e dura nella contestazione per una scelta scellerata e che ha mandato un grande segnale alla politica e all’azienda. Al termine del bellissimo corteo ci ha ricevuto il Ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli che ci ha informato che della questione voleva interessare anche il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte perchè era di rilevanza nazionale e non poteva non esserci un intervento diretto del governo italiano. Durante la riunione ho ribadito che a Napoli deve continuare la produzione di lavatrici, che ci sono tutte le condizioni per continuare, oltre alla difficoltà per le lavoratrici di lavorare all’interno di uno stabilimento di carpenteria pesante. Il 9 ottobre insieme a Fim e Fiom, oltre a rappresentanti territoriali, siamo stati ricevuti dal Presidente del Consiglio Conte a Palazzo Chigi in un incontro a cui era presente anche il Ministro Patuanelli. Durante la riunione Conte ci informa di aver ricevuto una lettera da Whirlpool nella quale era contenuta la decisione di sospendere i licenziamenti fino al 31 ottobre. Nell’incredulità generale, durante il mio intervento, ho riportato al Premier la questione che la clausola che era già prevista dalla procedura di vendita dello stabilimento di Napoli a Prs e che questa lettera rappresentava solo l’ennesima offesa ai lavoratori e al governo italiano. Pur apprezzando l’interessamento da parte del Presidente Conte per la vertenza di Napoli non avevamo ottenuto nessuna novità positiva, anzi un’ulteriore conferma della volontà della multinazionale di chiudere lo stabilimento e iniziare la dismissione di tutti gli impianti dell’azienda in Italia, con oltre seimila posti di lavoro a rischio. Durante l’incontro ho proposto che ci sarebbero le condizioni per far ripartire la produzione nel sito napoletano e garantire gli attuali livelli occupazionali, con il trasferimento di 400mila lavatrici dagli stabilimenti in Polonia, che si sommerebbero alle 400mila già prodotte.
 
 
Ho aggiunto che se l’azienda dichiara che oggi, anche in presenza di un forte calo del mercato, a Napoli si producono 300mila lavatrici si dimostra come che quello stabilimento ha ancora un importante valore industriale e che può esserci una continuità produttiva. Quindi siamo in presenza di una mera scelta di delocalizzare la produzione. Infine ho ribadito la nostra forte contrarietà al piano industriale proposto da Whirlpool, ovvero la reindustrializzazione di Napoli affidata a una start up svizzera con nessuna credibilità economia e industriale. Dopo aver incontrato Conte, sono continuate le mobilitazioni dei lavoratori nella città di Napoli, con cortei e assemblee per capire e affrontare insieme il futuro occupazionale di centinaia di lavoratori che sono stati offesi e illusi dall’azienda, con decine di loro che hanno acceso mutui, preso prestiti perchè avevano avuto delle garanzie per il loro futuro dall’accordo dell’ottobre 2018. Un dramma sociale ed economico in un territorio già devastato e in crisi di occupazione, opportunità lavorative, povertà economica, mancanza di forti investimenti e con una forte presenza e potere di gruppi di criminalità organizzata. Il 15 ottobre i vertici aziendali sono stati convocati a Palazzo Chigi dove, dopo una breve riunione risolta in un nulla di fatto, hanno dichiarato di voler cessare le attività produttive dello stabilimento di Napoli dal 1 novembre dopo la mancata disponibilità del Governo di discutere il progetto di riconversione del sito, che secondo l’azienda rappresenta l’unica soluzione per il futuro produttivo e occupazionale. L’azienda ha proseguito con il suo atteggiamento aggressivo, irresponsabile e irrispettoso, con un atto intollerabile non degno di una multinazionale, che ha delineato maggiormente il suo aspetto predatorio, prima prendendo milioni di euro di finanziamenti e poi mascherando la chiusura di Napoli con la cessione dello stabilimento a una start up svizzera con nessuna credibilità economica e industriale. Siamo rimasti molto amareggiati anche dall’inconsistenza, mancata incisività ed efficacia dell’azione del Governo che non ha mai dato concretezza alle parole di solidarietà ai lavoratori, non mettendo in campo un reale confronto con l’azienda facendo valere le proprie posizioni, anche attraverso l’approvazione di nuove norme che facessero rispettare l’accordo di un anno fa. Negli ultimi giorni, attraverso i media, siamo venuti a conoscenza di vari progetti industriali che il Governo, insieme ad altre istituzioni, metterebbero in campo in caso di chiusura da parte di Whirlpool dello stabilimento di Napoli. Resta il fatto che prima di pensare a piani alternativi, il Governo deve intervenire urgentemente mettendo in campo tutti i mezzi che ha a disposizione, tra cui interventi legislativi, per condizionare la Whirlpool e far rispettare all’azienda l’accordo di un anno fa.
 
 
L’alternativa è la nazionalizzazione del sito visto l’insussistenza e la non credibilità del piano industriale di Prs, incapace di garantire un futuro occupazionale ai 420 lavoratori di Napoli. L’ipotesi del governo sul passaggio della proprietà della fabbrica a una cooperativa di lavoratori affiancata da Invitalia rappresenta un percorso interessante ma con molte insidie e pericoli. Per essere competitivi in un mercato così agguerrito come quello degli elettrodomestici, devono essere presenti una rete di commercializzazione e di ricambi, un marchio riconosciuto e soprattutto un sistema strutturato che consenta attività di ricerca e sviluppo che possa dare continuamente nuova linfa alla produzione e garantisca un futuro industriale. Tutto questo è di non semplice realizzazione da parte dalla tipologia tipo di società ipotizzata finora. Siamo comunque aperti a discutere con il Governo e con le altre istituzioni di ogni progetto, purchè abbia basi solide e che possa garantire un futuro produttivo e occupazionale. Nel frattempo dal primo novembre, giorno della cessazione della produzione, avremo due possibilità davanti: la cessione del ramo d’azienda, che riteniamo non credibile viste le caratteristiche di Prs, oppure l’avvio della procedura di licenziamento collettivo, che prevede 75 giorni, tempo congruo per trovare soluzioni che possano garantire realmente un futuro produttivo e occupazionale ai lavoratori di Napoli. Il 31 ottobre Fim Fiom e Uilm hanno proclamato 4 ore di sciopero per l’intero Gruppo con presidi nei vari stabilimenti. In concomitanza si terrà a Napoli lo sciopero generale provinciale Cgil Cisl e Uil in solidarietà alla lotta dei lavoratori della multinazionale americana. Sempre per lo stesso giorno le segreterie nazionali di Fim Fiom e Uilm hanno indetto due ore di sciopero generale della categoria dei metalmeccanici con assemblee nei luoghi di lavoro per chiedere al governo e alle imprese una svolta nelle politiche industriali per affrontare e dare soluzione ai circa 160 tavoli di crisi aziendali aperti al Ministero dello Sviluppo Economico.
 
 
Napoli simbolo delle vertenze Napoli rappresenta la madre delle vertenze e come tale deve essere portata avanti, come un confine invalicabile prima del precipizio della desertificazione industriale che comporterebbe la perdita di centinaia di posti di lavoro in un territorio già in gravissima difficoltà. Come sindacato utilizzeremo tutte le nostre forze a nostra disposizione e continueremo a opporci a questa decisione scellerata, continuando a essere al fianco dei lavoratori organizzando ogni forma di lotta che possiamo mettere in campo con lo scopo di far modificare le proprie decisioni a Whirlpool sul futuro dello stabilimento di Napoli. Ci aspettiamo uno scatto di dignità da parte del Governo che deve far rispettare un accordo stipulato in un Ministero della Repubblica italiana, da parte di una multinazionale che ha potuto e potrà realizzare il suo piano industriale anche grazie a oltre 20 milioni di euro di finanziamenti pubblici. Un Paese con oltre 160 tavoli di crisi industriale, in presenza di una stagnazione economica e instabilità politica, con il boom della cassa integrazione, deve mettere in campo forti investimenti in ricerca e sviluppo e una seria programmazione di serie politiche industriali per non causa una desertificazione industriale oppure essere terra di conquista da parte di multinazionali prendi e fuggi. Aziende che possono fare quello che vogliono, sapendo di non essere punibili in nessun modo, sapendo che la politica interviene solo dopo che è scoppiata la crisi, non riuscendo per incapacità e inappropriatezza a farlo preventivamente, adottando tutte quelle misure che ha a disposizione per non far acuire e peggiorare la situazione esistente. Napoli non deve mollare, tutti i lavoratori di Napoli sanno che noi non li abbandoneremo mai, che non saremo mai complici di piani industriali che non garantiscono il futuro occupazionale di ognuno. Ci aspetta un periodo difficile ma faremo ogni cosa per non deludere e tutelare le centinaia di famiglie che vivono grazie al lavoro nello stabilimento Whirlpool. Forza Napoli!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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