È il monaco che fa l’abito
SETTEMBRE 2019
Il Ricordo
È il monaco che fa l’abito
di   Domenico Proietti

 

Lama, Storti e Vanni. Lama, Storti e Vanni. Lama, Storti e Vanni. Questa specie di ritornello – scioglilingua, ripetuto molto spesso dalla radio e dalla televisione a metà degli anni ’70, è il mio primo ricordo di Raffaele Vanni. Un ricordo che risale ai tempi del liceo quando cominciavo ad interessarmi della politica. La conoscenza diretta, invece, risale al 1984 quando cominciai a lavorare nella redazione di Dimensione Lavoro, il primo telegiornale quotidiano sindacale in Italia diretto da Camillo Benevento. Fu proprio Lallo che una mattina mi mandò ad intervistare Raffaele Vanni allora Segretario dei lavoratori della UIL del settore turismo e commercio. Mi avvicinai a lui con una certa timidezza soprattutto per la fama ed il prestigio che Vanni incarnava.

 

Vanni invece fu molto cordiale, una cordialità che ha sempre caratterizzato il mio rapporto con lui in tutti questi anni. La prima impressione che ne ricavai fu quella di un uomo con una visione dei temi e dei problemi profonda ma asciutta, scevra dai fronzoli della retorica e di una conoscenza certosina dei temi che affrontava. Questa impressione fu rafforzata successivamente ogni volta che avevo modo di ascoltare i suoi interventi nella Direzione e nel Comitato centrale della UIL. In ogni intervento di Vanni, anche quando si occupava di un aspetto particolare dell’attività sindacale, coglievo lo sforzo di inquadrarlo e renderlo coerente con la sua visione del ruolo del sindacato. Questo credo sia stato, insieme alla sua visione europea del futuro del Sindacato, il tratto più rilevante dell’attività politica e sindacale di Vanni, che si è esercitata in servizio permanente effettivo fino al primi giorni dello scorso Giugno.

 

Ricordo l’entusiasmo con il quale accettò l’invito della Confederazione a partecipare nell’Ottobre del 2015 al Congresso della Confederazione Europea dei Sindacati a Parigi dove venne eletto Segretario Generale Luca Visentini, che era stato un suo allievo alla UILTuCS. Il mio rapporto con lui si intensificò in occasione della definizione e pubblicazione del suo libro “Gli anni della mia segreteria generale” (Tullio Pironti Editore, 2011) nel quale attraverso un’intervista con Camillo Benevento raccontava momenti fondamentali della storia della UIL e del movimento sindacale italiano.

 

Negli ultimi anni si era creata la piacevole e per me proficua abitudine di conversare insieme prima delle riunioni della Direzione della UIL. Passava a trovarmi anche un’ora prima della riunione e discutevamo dei temi all’ordine del giorno. Gli sarò sempre grato per i consigli preziosi che mi ha dato e che mi sono stati utili a svolgere il mio lavoro ed a superare momenti di difficoltà. C’è un altro aspetto che mi ha sempre colpito del comportamento di Vanni, un comportamento molto raro nella vita politica e sindacale del nostro paese. Vanni dopo essere stato Segretario Generale della UIL è tornato a svolgere ruoli nel Sindacato altrettanto importanti, ma certamente considerati minori.

 

Come un monaco che è stato priore e che torna ad essere monaco all’interno della sua comunità. Tutto questo con uno stile ed un’eleganza rara. Credo che proprio per un uomo profondamente laico come lui si possa parafrasare il vecchio detto sull’abito ed il monaco ed affermare che “è il monaco che fa l’abito”.

 

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