Una nuova politica per il rilancio del paese
MAGGIO 2020
Sindacale
Una nuova politica per il rilancio del paese
di   Claudio Tarlazzi

 

Dopo decenni di liberismo incondizionato, l’avanzata della pandemia Covid-19 ne ha spezzato la continuità, che neanche la devastante crisi finanziaria globale del 2008 era riuscita a scalfire. Il pesante fardello di contagi e morti di tutte le età e fasce sociali, che ha comportato l’isolamento gli uni dagli altri e la sospensione forzata delle attività non essenziali in quasi tutto il mondo, ha picconato molte certezze e fatto luce sulle gravi disfunzioni del liberismo. Prioritariamente sono emerse in molti paesi, senza se e senza ma, le gravi carenze della sanità pubblica, balzate all’attenzione generale come un problema di tutti e non solo di quegli ammalati che, senza mezzi e alternative, si sono dovuti affidare a servizi scarsi, scadenti o peggio inesistenti. Ognuno ha sperimentato la paura del contagio, amplificata enormemente dalle gravi disfunzioni della sanità pubblica causate da finanziamenti insufficienti nei bilanci degli Stati, come in Italia, che hanno subordinato la salute dei cittadini ad altre scelte politiche che in questa situazione si sono dimostrate decisamente negative e sbagliate Un altro importante aspetto evidenziato dalla pandemia, che sbugiarda il sovranismo di ogni tipo, è il complesso sistema a rete di scambi commerciali e sociali con cui si sono strutturate tutte le economie nazionali, che fa della interdipendenza globale la principale caratteristica di questo secolo. Ciò fa sì che le misure e le scelte che ogni paese prenderà oggi per controllare e riprendersi dagli effetti del Covid-19, saranno decisive anche per tutti gli altri. Il futuro del mondo dipenderà dalla gestione della interdipendenza globale, che ha permesso lo sviluppo e la crescita demografica in tutto il mondo, ma ha anche sollevato profonde contraddizioni che richiedono risposte urgenti, quali l’inquinamento e il cambiamento climatico. La pressione della pandemia sui sistemi sociali ed economici indica che non si dovrà tornare ai modelli economici e sociali precedenti, accelerando la scelta trai due opzioni storiche: il perseguire il sistema liberista attraverso derive autoritarie, oppure optare per la strada del cambiamento strutturale per una nuova umanità, che metta al centro le persone e il pianeta. È necessario cambiare la qualità della interdipendenza globale con nuovi contenuti di solidarietà, respingendo i tentativi di ridurre la democrazia e di ristabilire il predominio, lo sfruttamento e il depauperamento dei territori a vantaggio di altri.

I tempi sono maturi per compiere scelte che rispecchiano quanto i sindacati di tutto il mondo, fin dalla loro origine, chiedono: un cambiamento vero, verso prospettive sociali ed economiche più eque e di bene comune, dettato dalla consapevolezza che lasciare indietro qualcuno significa arretrare tutti. La pandemia Covid-19 ha ancora una volta fatto anche risaltare la lungimiranza dei padri fondatori dell’Unione Europea. I danni procurati alle economie occidentali dal blocco di tutte le attività non essenziali sono di portata tale da non poter essere affrontati dai singoli Stati. Salvare e ricostruire il nostro paese insieme agli altri paesi UE è il filo conduttore sostenuto anche dal nostro sindacato, insieme alla organizzazione confederale europea CES, che richiede un cambiamento profondo di impostazione. È infatti necessario che le misure già messe in atto e le altre che verranno, siano filtrate dal principio della solidarietà per garantire realmente forza e potenza alle azioni, sospendendo e rivedendo le logiche del pareggio di bilancio, che finora hanno solo tutelato dinamiche speculative finanziarie a danno dei destini di moltitudini. Questa è la lettura che bisogna dare alla caduta, causata dalla pandemia, dei tabù europei che finora avevano vietato di prendere in considerazione la possibilità per ogni singolo Paese di nazionalizzare asset strategici, di sforare i parametri di stabilità e di aiutare finanziariamente imprese e lavoro. Occorre dare una spinta al traghettamento dell’Unione Europea verso una solida strutturazione politica e sociale, animandola con i valori della solidarietà e della concordia, superando le miopie nazionaliste e subordinando le ragioni della finanza e dell’economia a quelle della pace e del benessere sociale di tutti. Questo importante compito deve essere assunto a tratto generale dall’UE e dagli Stati che ne fanno parte, valori che il nostro sindacato conosce bene perché nessuno, più dei lavoratori, può essere portatore di queste istanze di giustizia e di equità. In Italia il coronavirus ha reso palese quanto i trasporti siano vitali per la sopravvivenza del Paese, oltre che per il suo sviluppo e crescita. I trasporti e i servizi come la viabilità e multiservizi, l’igiene ambientale, i porti e gli aeroporti, la logistica, in quanto servizi essenziali, non hanno mai smesso di funzionare nel corso di tutta la pandemia, garantendo la continuità dell’erogazione delle misure sanitarie e mediche, le attività di rifornimento e approvvigionamento, e quelle di rimpatrio, nonché la sanificazione degli ambienti ospedalieri e non, così come la raccolta e il trattamento dei rifiuti. Migliaia di lavoratori hanno lavorato in condizioni difficili che, come sindacato, abbiamo presidiato e supportato attivando immediatamente protocolli di sicurezza con le istituzioni e con le parti datoriali e istituendo i Comitati aziendali Covid-19 ovunque è stato possibile. La garanzia della salute è principio ineludibile propedeutico al lavoro stesso e, anche con la graduale riapertura del paese, resta ben salda la nostra indicazione alle lavoratrici e ai lavoratori di astenersi immediatamente da qualsiasi attività in assenza dei DPI, così come è ineludibile una organizzazione del lavoro e soprattutto per l’utilizzo dei mezzi di trasporto collettivi, compatibile con le misure di prevenzione e contenimento della pandemia, indicate dall’Istituto Superiore di Sanità, dal Ministero della Sanità, dai decreti del Governo e dal protocollo del 20 marzo siglato da OOSS e AASS.

Su questo stiamo non solo proseguendo, ma ampliando il monitoraggio e gli interventi per i quali le nostre rappresentanze aziendali Rsa, Rsu e RLS sono il presidio più efficace. Per il blocco delle attività e l’isolamento individuale, i nostri settori soprattutto di trasporto passeggeri sono collassati, con migliaia di richieste di ammortizzatori sociali, anche da parte di imprese finora sfuggite ai rapporti sindacali. Abbiamo formalizzato richieste puntuali di sostegno al reddito chiedendo il finanziamento degli ammortizzatori sociali in generale ed in particolare il finanziamento dei Fondi di solidarietà del trasporto aereo, del TPL, dei marittimi, dei ferrovieri e degli ormeggiatori, attenzionando il Governo sulle particolarità specifiche dei nostri settori e sul problema dei lavoratori stagionali, particolarmente presente nelle gestioni aeroportuali. Nel complesso, gli interventi contenuti nel DL Rilancio forniscono una prima risposta alle esigenze dei lavoratori e delle imprese italiane del settore, le cui attività già in una situazione di pesante crisi, sono state azzerate dagli effetti Covid19. Certo essi non sono esaustivi, ma costituiscono un apprezzabile passo avanti nella direzione giusta. Non vogliamo altresì solamente dedicarci alla fase emergenziale, dobbiamo riprendere i negoziati di rinnovo dei contratti, abbattendo le resistenze datoriali, aumentate con i danni subiti per il coronavirus. Dobbiamo agire perché in questo paese non si tutelino solo i mancati incassi delle imprese, ma siano messi sullo stesso piano le tutele dei salari e del lavoro. La contrattazione non è soltanto lo strumento principale contro lo sfruttamento, per garantire un reddito da lavoro dignitoso, bensì è lo strumento più efficace per combattere la crisi di consumi che sta opprimendo la nostra economia, oltre ad essere il principale dispositivo per impedire forme di speculazione attraverso il degrado delle condizioni di lavoro. È dunque più che mai fondamentale sostenere e incentivare i rinnovi dei Ccnl con sostegni legislativi che ne facciano un punto di riferimento minimo per competere nel mercato. Questa è una regola per la quale ci battemmo nel 2007 nel settore portuale che portò al risultato del Ccnl come requisito per essere autorizzati a lavorare nei porti; altrettanto abbiamo fatto in questi anni nel settore del trasporto aereo per abbattere la concorrenza sleale di alcune compagnie low cost. Col DL Rilancio abbiamo vinto anche questa battaglia e ora la rilanceremo per tutti i settori liberalizzati. Il Ccnl deve assumere valore legale per regolare la concorrenza che si deve sviluppare sulla qualità e non sulla compressione delle tutele e dei diritti dei lavoratori, e a questo non rinunceremo mai. Non abdicheremo mai all’obiettivo di un paese diverso, più incline ai problemi sociali, per impedire che si verifichino nuovamente quelle disfunzioni che la liberalizzazione dei servizi di pubblica utilità ha generato. È necessario che sia sancita la strategicità di settori ed aziende che garantiscono i collegamenti del Paese, nazionali ed internazionali, come Alitalia, il cui progetto di nazionalizzazione deve essere volto allo sviluppo strutturale della compagnia e funzionale ad un sistema di trasporti integrato. Da questo e dalle regole che saranno introdotte per competere nel mercato dipenderà la ripresa del turismo che, prima della crisi sanitaria, contribuiva al PIL nella misura del 13%. Al tempo stesso non va dimenticato che vanno attuati provvedimenti che impediscano che asset importanti vadano a gruppi di interesse stranieri, approfittando della crisi nella quale i trasporti italiani, così tanto contendibili nella normalità, stanno attraversando. In tal senso, è prioritario impedire scalate straniere nelle società italiane, a cominciare dalle concessionarie autostradali. In generale, i processi di liberalizzazione che hanno investito in varia misura tutta la nostra categoria devono essere rigovernati con soluzioni che impediscano che sia solo il mercato a dettar legge.

Dopo il coronavirus le cose non dovranno ritornare come prima. Abbiamo bisogno di un Paese diverso, che ripensi a tutte le cose negative vissute negli ultimi anni, di un Paese che finalmente riformi ed investa sugli aspetti sociali e sugli anelli che fortificano una società e una economia, quali la salute, la scuola, le comunicazioni, l’energia, i trasporti ed i servizi ad essi collegati. Per fare questo in molti ci chiediamo se la politica del Paese ne sia all’altezza. Proprio per rispondere compiutamente a questo interrogativo, nostro compito principale nei prossimi mesi dovrà essere quello di spronarla, provocarla, cambiarla con le nostre rivendicazioni, le nostre lotte e le nostre proposte per una società migliore, più inclusiva e più equa. Una cosa è certa: non si uscirà dal coronavirus ritornando semplicemente alla situazione precedente. L’emergenza determinata dalla pandemia richiederà un cambiamento generalizzato del sistema produttivo del nostro paese e la necessità di una revisione complessiva dell’assetto di tutti fattori della produzione a cominciare dal lavoro. In questo momento milioni di lavoratori sono interessati da processi di riconversione e milioni di essi sono in cassa integrazione per le difficoltà che derivano dal blocco dei consumi e degli scambi. E’ evidente che soprattutto in questo momento la formazione per l’aggiornamento delle competenze risulta assolutamente fondamentale e nelle politiche del Governo sarebbe assolutamente necessario, se si vuole realmente favorire la ripartenza della nostra economia, varare un Piano generalizzato e consistente di formazione, ai lavoratori in forza, a quelli in cassa integrazione e a quelli disoccupati, che consenta di acquisire le conoscenze che il mutamento dei mercati e della produzione renderà assolutamente indispensabili. Al netto di una norma inconsistente nel DL Rilancio di tutto questo non vi è traccia nelle iniziative del Governo che, seppure rispondono all’obiettivo principale di mantenere l’occupazione e del reddito dei cittadini italiani, non mettono in campo nessuna misura concreta che consenta di pensare al futuro. Un problema di risorse, quindi anche un problema di efficienza. Occorre ridestinare alla formazione le risorse che dalla formazione sono state prelevate per altri obiettivi ed utilizzare le strutture, quali ad esempio i Fondi interprofessionali per la formazione continua, che hanno dimostrato di poter essere più rapidi ed efficienti e costituiscono ormai la spina dorsale della formazione all’interno del nostro paese. Tutto ciò è indispensabile ed urgente se non si vuole che la riconversione e la cassa integrazione si rivelino, in realtà, l’anticamera del licenziamento per centinaia di migliaia di lavoratori italiani, con ripercussioni sociali inimmaginabili.

 

 

*Segretario Generale Uiltrasporti

 

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