Abbiamo dato vita ad una delle più imponenti manifestazioni svoltesi negli ultimi decenni a Roma. Un successo straordinario dei lavoratori, dei giovani, dei pensionati e di chi crede nella partecipazione ed in un progetto di Paese. Una conferma, l’ennesima, del valore del Sindacato Confederale nel nostro Paese. Un Sindacato Confederale che ragiona, che immagina percorsi possibili di risposta ai bisogni dei cittadini e che, quando unito, è capace - come nessun altro soggetto - di mobilitare centinaia di migliaia di persone e senza dover ricorrere a toni esasperati, a nemici e contrapposizioni, nè a formule demagogiche con risposte fin troppo facili a quesiti complessi. E a ben vedere, il buongiorno si è palesato dal mattino, giacché in principio avevamo scelto Piazza del Popolo, ma la richiesta di partecipazione è stata così alta che abbiamo dovuto optare per Piazza San Giovanni in Laterano. Ed è finita che persino proprio la piazza del “concertone” del Primo Maggio era strabordante, tanto che la maggioranza dei partecipanti al corteo non è riuscita ad accedervi e ha riempito anche le strade contigue. Entusiasmo straripante e senso di comunità: una fiumana di manifestanti impressionante, la cui eco è ancora significativa ed il cui segnale di vivacità è inequivocabile. L’idea di una grande mobilitazione è nata sulla base di una serie di proposte che con Cgil e Cisl abbiamo costruito e che sono state discusse, nel corso degli ultimi mesi, in più di 100 assemblee, coinvolgendo oltre 100.000 lavoratori, pensionati e giovani. Una road map di democrazia diretta itinerante che ha toccato luoghi di lavoro e piazze, luoghi di confronto, ascolto e scambio. Abbiamo mantenuto la barra dritta non franando nella tentazione dello scontro muscolare con partiti o ruoli dell’Esecutivo né una contrapposizione vera e propria come da qualche parte talvolta si tende pretestuosamente a tratteggiare.
E, d’altronde, l’autonomia del Sindacato dai partiti e dal players della politica è uno dei nostri punti fermi, che pratichiamo con convinzione in casa nostra perché facciamo un mestiere chiaro ed identificabile. Dunque, un’iniziativa “per”, imperniata sul richiamo convinto a riflettere tutti attorno alla necessità di dotare il Paese di una visione prospettica e di conseguire talune priorità maggiormente avvertite dai lavoratori, dalle famiglie, dai giovani e dai pensionati; obiettivi che sinora non hanno trovato adeguata dimensione nell’ambito della legge di bilancio e dell’agenda politica del Governo. Sin dalla stracolma piazza della Repubblica, dove si è tenuto il concentramento, si sono levate le prime rivendicazioni a suon di palloncini, bandiere, foulard, striscioni e musica. Quel corteo, partecipatissimo, ha voluto accendere i propri colori per chiedere più sviluppo, crescita ed occupazione per il nostro Paese, a cominciare dal varo di un robusto piano di investimenti pubblici e privati; non è più rinviabile una grande riforma fiscale che contempli, peraltro, una determinante svolta nella lotta all’evasione; oggi più di ieri il Mezzogiorno chiede di non essere dimenticato; bisogna rafforzare gli ammortizzatori sociali e dare più vigore alle politiche attive; uno snodo decisivo è rappresentato dalla previdenza per cui occorre fare nettamente di più; il welfare sociale necessita di ulteriori sforzi, e il finanziamento per il fabbisogno sanitario è ai minimi storici; last but not least è prioritario prevedere maggiori risorse per i rinnovi contrattuali e sbloccare ed ampliare un necessario piano di assunzioni nei comparti del pubblico impiego. Ad aggravare il carente quadro di azioni politiche vi è la fragilità di una società sempre più sfilacciata e tormentata, granulare, molecolare. Così - riprendendo l’ultima lettura annuale del CENSIS - la solitudine è diventata uno stato d’animo sociale diffuso che trasmette ansia e genera un’inedita propensione a un’aggressiva difesa dei propri interessi. In sostanza, si transita dal rancore alla vendetta. La disillusione del cambiamento miracoloso ha incattivito gli italiani che ormai risultano diffidenti, arrabbiati e soli. Ed il nostro è, effettivamente, anche un tempo in cui prevale l’Individuazione giudiziaria della responsabilità nei conflitti in senso lato a dispetto del buonsenso, del confronto e della responsabilizzazione. È il tempo del giudizio estetico, privo di conoscenza e fondato figurativamente sul like, imperniato sulla superficialità e che non valorizza più la preparazione nè lo stare insieme. Quella piazza, energica e costruttiva, invece, dimostra che c’è un’alternativa alla rassegnazione, all’approssimazione ed alla frammentazione. Un Sindacato protagonista è più che mai l’elemento di coesione, pluralismo, speranza e traino, capace di impedire la marginalizzazione dell’economia italiana e il sorgere di nuove diseguaglianze sociali ed intollerabili discriminazioni; ecco perché dobbiamo continuare a difendere con vigore le ragioni dell’intermediazione sociale e della rappresentanza: dove il sindacato è forte il terreno per soprusi, prepotenze e prevaricazioni è sempre più ridotto. Un Sindacato che per essere protagonista, tuttavia, dovrà continuare a perseguire un percorso caparbiamente unitario. Un Sindacato che - ed è stato palese nelle “cartoline” giunte da quel corteo del 9 febbraio - si apre alle nuove generazioni, coinvolgendole e stimolandole a partecipare attivamente ed a tirare fuori le emozioni, i dubbi, i timori, i sogni e le perplessità, perché ha di fronte un Sindacato che parla meno e ascolta di più. Un Sindacato che, praticando Umanità e Solidarietà, può essere da bussola rispetto ad un trend che va invertito, costruendo basi più solide di civismo, cittadinanza attiva e giustizia sociale. Abbiamo avuto una grande lezione da un popolo orgoglioso. Un popolo che, sobbarcandosi ore di viaggio notturno via nave, treno, auto, pullman ed aereo, ha dato gambe ad una piattaforma di rivendicazioni e fiato ad un cammino di democrazia dimostrando tanta voglia di partecipare per non subire i cambiamenti. Un’onda blu fatta di pura passione, quella passione che non passa neanche in un ostico sabato che ha unito il Paese, le generazioni, le aspettative e le prospettive. Grazie ad ognuno di voi per aver contribuito in modo prezioso e generoso a scrivere una memorabile pagina di democrazia diretta.