Speciale 8 marzo
Tra la gente per veicolare il messaggio della non violenza
di M. Pintore pagina 35
Pensando all’otto marzo mi accorgo che questo giorno viene percepito ancora come il momento per andare a mangiare la pizza con le amiche, e la sua celebrazione sta nel fatto di ricevere in dono la mimosa. Paradossale! Se solo rifletto su quanto ancora resta da fare, nel mondo, nel mio paese e nel mio luogo di lavoro sulla condizione femminile e sul fronte dei diritti delle donne…
Pensando alle donne meno fortunate di me, a quelle sfruttate ogni giorno, a quelle che subiscono violenza, alle tante che non hanno la libertà e l’emancipazione, so di essere in una posizione privilegiata, ma sento la fatica nell’affrontare il mio quotidiano. In una nazione in cui mancano vere politiche di welfare, a partire da asili nido, scuola a tempo pieno, cura di anziani e disabili, mancanze che gravano di più sulle donne, ogni giorno mi trovo a dover risolvere piccoli e grandi problemi che attengono alla cura di due genitori anziani e invalidi, molto sofferenti, con necessità di cure e attenzioni legate alla loro condizione di salute e alle difficoltà economiche, che, tra mille complicazioni, cerco di soddisfare, non sempre con successo, allo scopo di garantirgli un’esistenza dignitosa.
Per quanto attiene alla mia situazione lavorativa, nell’Istituto dove lavoro come ricercatrice le donne superano numericamente i colleghi uomini, ma nel mio ruolo ormai decennale anche di RSU, con l’amministrazione e i vertici dell’ente ho sempre avuto a che fare con uomini, la maggior parte dei quali con una visione maschilista e tradizionalista.
Le donne infatti risultano escluse dai posti di vertice, se non per qualche rara eccezione e spesso si fa fatica a vedersi riconosciuto il proprio lavoro. Anche gli strumenti di conciliazione vita/ lavoro sono concessi come privilegi. Tutto ciò in linea con quanto avviene nel resto del paese dove i dati ci dicono che in Italia 38 docenti universitari su 100 sono donne, sebbene con una percentuale in crescita e tra le ricercatrici la cifra è simile, 36%.
Quello che però mi inquieta molto ultimamente è l’essere venuta a conoscenza che alcune colleghe hanno subito discriminazioni, demansionamenti e, purtroppo, in qualche caso molestie, e, laddove l’accaduto è stato portato all’attenzione del capo del personale, non è stato affrontato in modo adeguato determinando conseguenze nelle vittime di disagio, timore e, in qualche caso, addirittura seri problemi di salute. Una situazione grave volutamente taciuta, come è avvenuto anche per i risultati, mai resi formalmente noti, delle indagini sul benessere del personale, pur essendo invece molto diffusa la considerazione che l’amministrazione dell’ente sia molto poco sensibile alle problematiche del personale e il malcontento sia ormai ampio.
La giornata dell’8 marzo rappresenta almeno un momento per approfondire le nostre riflessioni e dirci a che punto siamo arrivate. Abbiamo bisogno di diffondere la consapevolezza che finché ci saranno differenze di genere, sarà la società ad essere penalizzata e che, attraverso il riconoscimento delle donne, si riconquistano diritti e benessere non solo delle donne, ma di tutta la società.
*Uil Rua