Attualità
La bozza sull’autonomia differenziata
di Sara Tucci pagina 34
Nelle scorse settimane abbiamo assistito ad un cambiamento d’impostazione da parte dell’Esecutivo sul delicato tema dell’autonomia differenziata. Il nuovo Governo cd. Conte II ha inteso dare una cornice normativa di riferimento a questa importante questione, attraverso una legge quadro che potrebbe andare, infatti, a definire i contorni e principi entro i quali Regioni e Governo dovranno muoversi per rendere effettiva l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni che ne facciano richiesta ai sensi dell’art. 116 della Costituzione. Il testo della bozza di legge quadro è composto di due articoli e nove commi ed è per ora solo alla sua prima stesura, ma proprio in questi giorni circolano indiscrezioni su modifiche e ritocchi al testo da parte dell’Esecutivo. Immediatamente dopo la sua presentazione, il Ministro Boccia ha iniziato un giro di consultazioni con le OO.SS. e con la Conferenza Stato-Regioni, ai fini di una discussione costruttiva sul testo. La bozza al momento circolante, sembra avvicinarsi di più, rispetto a quanto dichiarato in passato dal Governo precedente, a un concetto di solidarietà nazionale che non può che costituire il baluardo a cui far riferimento, soprattutto in processi delicati come questo. L’attribuzione di forme e particolari condizioni di autonomia nelle tante materie disposte dall’art. 116 della Costituzione, andranno a modificare sostanzialmente l’assetto nazionale, e se i principi ispiratori e i presupposti di fatto dovessero essere diversi dal concetto di solidarietà, si correrebbe seriamente il rischio di arrivare a una situazione di ancor più netto distacco tra le condizioni di benessere delle varie Regioni italiane. Ma entriamo nel merito dell’articolato. Nel primo articolo della bozza presentata dal Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Boccia, viene appunto sottolineato come le Intese tra Stato e Regione per l’attribuzione di ulteriori forme e particolari condizioni di autonomia, debbano conformarsi a determinati obiettivi e modalità di attuazione, enucleando poi quelle che sembrerebbero delle conditio sine qua non per l’applicazione della sussidiarietà e quindi nello specifico: la determinazione, nelle materie oggetto di attribuzione, dei LEP o di obiettivi di servizio uniformi su tutto il territorio nazionale e dei fabbisogni standard, il finanziamento delle funzioni attribuite sulla base dei fabbisogni standard dei LEP o degli obiettivi di servizio e, inoltre, la previsione che, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, vi siano “misure a carico della Regione a garanzia dell’equità nel concorso al risanamento della finanza pubblica previa adozione delle medesime misure con impatto finanziario su tutto il territorio nazionale”. Come sopra accennato è importante aver posto l’accento sulla necessità di assicurare su tutto il territorio nazionale i LEP e gli obiettivi di servizio anche attraverso la perequazione infrastrutturale e la possibilità che i riparti futuri delle risorse dedicate alle infrastrutture debbano tenere conto, quindi, di quest’obiettivo, così come la previsione del riparto tra Regione ed Enti Locali delle funzioni amministrative oggetto di attribuzione nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza oltre che al principio solidaristico.
Desta, invece, qualche perplessità la previsione secondo la quale se entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’Intesa non siano stati individuati i LEP, obiettivi di servizio e relativi fabbisogni standard, le funzioni potranno essere comunque attribuite con decorrenza 1° gennaio successivo sulla base delle risorse iscritte a carattere permanente nel Bilancio dello Stato. Se, come da enunciati fatti, si volesse veramente far sì che i livelli essenziali di servizi siano garantiti in tutto il territorio nazionale e che questi siano condizione essenziale per le intese stesse, come sembrerebbe enunciato nell’art. 1 è, poi, un controsenso lasciare che le singole intese possano essere approvate (anche se momentaneamente?) in loro assenza. Un altro punto che lascia perplessi è l’istituzione all’art. 2 comma 2 di un Commissario ad hoc che potrà contare su una struttura di missione istituita presso la Presidenza del Consiglio giocando, stando al testo attuale, un ruolo fondamentale in quanto, questi, dopo l’approvazione dei LEP, degli obiettivi di servizio e dei fabbisogni standard dovrà occuparsi della messa a punto dei decreti riguardanti i beni e le risorse finanziarie, umane e strumentali che, va da se, siano un punto focale di tutta la discussione. Non si notano, inoltre, dei passi in avanti sul ruolo del Parlamento, che quindi sembrerebbe restare marginale o comunque meramente consultivo, in quanto, potrà emettere pareri mediante la Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale, quella per le questioni regionale e tutte le altre competenti in materia, ma senza obblighi da parte del Governo e delle Regioni di dovervisi uniformare. In ultimo, sarebbe bene mettere nero su bianco l’esclusione dalle Intese di materie, come ad esempio la scuola, che per loro stessa natura non possono essere sottoposte ad un processo di regionalizzazione come peraltro lo stesso Ministro ha più volte affermato. Attendiamo l’evolversi della discussione e del testo, sperando che i proclami fatti sull’unità nazionale e sul benessere paritario di tutto il territorio italiano vengano rispettati dall’attuale Esecutivo nella gestione di questo delicato argomento e che nella definizione e compimento della legge quadro coinvolga ed ascolti le parti sociali.