Welfare aziendale: luci e ombre
GENNAIO 2018
Sindacale
Welfare aziendale: luci e ombre
di   Tiziana Bocchi

 

 

Cosa è il welfare aziendale?

Potremmo definirlo come l’insieme di prestazioni e servizi forniti dall’azienda ai propri dipendenti al fine di migliorarne la vita lavorativa e privata. In seguito alla Legge di Bilancio 2016 è stata operata una bipartizione specificando la possibilità di prevedere un welfare di matrice puramente aziendale e uno di derivazione contrattuale: entrambi caratterizzati da una fiscalità di vantaggio.

 

Ma di che tipo di prestazioni stiamo parlando?

Esse possono spaziare dal sostegno allo studio passando per la tutela della salute e per la previdenza complementare, fino a ricomprendere misure per il tempo libero e agevolazioni di carattere commerciale (quali convezioni, ticket) ed approdare a interventi volti a facilitare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ivi compresa la genitorialità. Per quanto riguarda quest’ultima, hanno assunto sempre maggior rilevanza quelle misure che hanno lo scopo di sostenere i carichi di cura familiare delle lavoratrici e dei lavoratori e questo per porre un argine alle carenze, ormai endogene, del sistema di welfare pubblico. Differenti sono, poi, le modalità con le quali queste prestazioni possono essere erogate: da quelle a carattere rimborsuale (come per esempio i rimborsi delle spese scolastiche o del costo dei libri di testo), a quelle frutto di convenzione (asili nido, visite pediatriche dei figli) passando per quelle più propriamente contrattuali (aspettativa post partum, permessi per inserimento scolastico dei figli). Come dicevamo, il welfare aziendale può godere di una fiscalità di vantaggio, o meglio di una esenzione contributiva.

Ed è sicuramente anche per questo motivo che negli ultimi anni stiamo assistendo a una sua forte espansione. In particolare, il combinato disposto tra legge di Bilancio 2016, 2017 hanno fatto sì che, quasi, tutte le prestazioni di welfare previste da contratti collettivi di secondo livello o nazionali non rientrano a far parte del reddito da lavoro dipendente, costituendo così un risparmio nei costi aziendali e un vantaggio, come specificheremo poi, nell’immediato per le lavoratrici e i lavoratori.

Entrando ancor più nello specifico, tali leggi hanno previsto la possibilità anche, se previsto nei contratti aziendali, di trasformare tutto o in parte il premio in prestazioni di welfare, a condizione che ci sia in questo senso la volontarietà delle lavoratrici e dei lavoratori. Da ultima, la Legge di Bilancio per il 2018 ha previsto l’ampliamento di tale regime agevolato anche alle spese riguardanti l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari. Senza dubbio l’aver creato condizioni fiscali e normative favorevoli giustifica un maggiore ricorso a questi strumenti.

 

Ma è solo questo il motivo di tale incremento?

Evidentemente no. La necessità di costruire un ulteriore pilastro di welfare integrativo a quello pubblico non può che non essere legato anche alle cattive condizioni in cui si trova quest’ultimo. Tradotto, oggi il welfare pubblico è sempre meno in grado di fornire le opportune risposte alle esigenze dei cittadini. Da qui, l’ampio spazio lasciato alla contrattazione privata.

 

Ma quanto è davvero diffusa questa pratica?

È ancora difficile dirlo, un ausilio per comprendere le dimensioni di questo fenomeno ci viene fornito dai, seppur limitati e campionari, ultimi dati elaborati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali: su un totale di 8.363 i contratti di secondo livello attivi depositati ai fini della detassazione circa il 38% contiene misure di welfare aziendale. Si tratta, a nostro avviso, soprattutto di grandi aziende. Bisogna, in ogni caso, tenere presente che lo sviluppo del welfare aziendale è legato a doppio filo con quello della contrattazione di secondo livello. In altre parole, se non si svilupperà quest’ultima neanche la prima potrà raggiungere elevati livelli di diffusione. Questo è un limite strutturale del nostro sistema produttivo: il 90% delle imprese italiane sono infatti piccole e piccolissime. Una risposta possibile a questo problema c’è, e la Uil la sostiene da tempo, bisogna incrementare la contrattazione territoriale.

 

Resta un’ulteriore questione da affrontare, per noi principale: quali sono i rischi legati al welfare?

Sembrerebbe una domanda peregrina, ma così non è. Come tutti gli strumenti anche di quest’ultimo, infatti, possono esserci usi positivi e non. Mi spiego. Se è vero che le imprese sono oggi sempre più interessate ad adottare sistemi di incentivazione atti a rispondere alle diverse aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori, con lo scopo di motivarli ed orientare il loro comportamento per perseguire gli obiettivi aziendali, allo stesso modo, la prospettiva di un “risparmio facile” rende forte la tentazione di sostituire voci della retribuzione con welfare per abbassare il costo del lavoro. Si tratta di una deviazione patologica che rischia di trasformare un vantaggio dell’oggi per i lavoratori (che vedono erogarsi prestazioni teoricamente gratuite) in uno svantaggio nel domani (quando bisognerà calcolare le ricadute negative di esse sul Tfr e sui contributi previdenziali).

Ma se queste sono le considerazioni di natura tecnica che ci spingono a sostenere che il welfare deve essere sempre integrativo e mai sostitutivo del salario, il Censis ci offre una ricognizione demografica di quanto fin qui sostenuto. Dal rapporto presentato a gennaio 2018 apprendiamo che più favorevoli a tale sostituzione sono i dirigenti e i quadri (73,6%), i lavoratori con figli piccoli, fino a 3 anni (68,2%), i laureati (63,5%), i lavoratori con redditi medio-alti (62,2%). Molto meno lo sono gli operai (41,3%) e gli impiegati (36,5%). È chiaro che queste classi di lavoratori che hanno dovuto pagare un alto prezzo alla crisi hanno bisogno di recuperare quote di salario ed è verso di esse, quindi, che continua ad essere indirizzata la loro preferenza. La Uil è convinta, quindi, che sia oggi indispensabile ricercare sempre il punto di equilibrio tra retribuzione monetaria e erogazioni di prestazioni e servizi di welfare. L’ultima domanda alla quale vogliamo rispondere è: quale welfare. Anche in questo caso, il rapporto Censis- Eudaimon ci consegna un importante spunto di riflessione che condividiamo in pieno: “il rischio è che le traiettorie attuali portino il welfare aziendale al di fuori dalla specifico della tutela sociale dei lavoratori, per divenire un mercato di benefits genericamente intesi. Anche ciò contribuisce alla minaccia per il welfare aziendale di una frammentazione verso il basso di profilo, contenuto e significato”. Se il welfare smette di essere inteso come un sostegno per le lavoratrici e i lavoratori ad integrazione del sistema di tutele pubbliche, per divenire un mercato di benefit privi di alcuna rilevanza sociale, il rischio è, da un lato, che perda la sua mission originaria, come rammenta il Censis, dall’altro, e che contribuisca a un impoverimento reale delle lavoratrici e dei lavoratori a fronte di facili guadagni aziendali.

Previdenza complementare, assistenza sanitaria, sostegno alla conciliazione di vita professionali e privata, ausilio alla generalità condivisa devono costituire i punti cardinali di un welfare integrativo che può divenire un opportunità concreta di migliorare le condizioni di chi lavora. Se ciò non accade e si naviga a vista verso la deriva dei benefit indistinti che sono un surrogato del salario, allora bisognerà in fretta sferzare il timone e ritornare verso la giusta rotta.

In quest’ottica è fondamentale il ruolo di governance che deve assumere la contrattazione di secondo livello. Molto è già stato fatto, altrettanto resta ancora da fare. La Uil è impegnata in questo percorso per favorire la diffusione, ancora una volta, di utili strumenti per incrementare il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori. Questo è il nostro obiettivo. Affiancare alla giusta tutela e incremento dei redditi da lavoro, un altrettanto qualificato welfare integrativo: sarà una delle sfide che affronteremo e supereremo nei prossimi anni.

 

 

 

 

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